Lucrezi Valenti Nel territorio di Pompei

Archeologia Viva n. 74 – marzo/aprile 1999
pp. 58-65

di Marisa de Spagnolis e Mauro Rubini

Presso Scafati in quello che fu il suburbio orientale della città distrutta dal Vesuvio sono tornati in luce la villa e il monumento funerario di una delle più potenti famiglie al tempo di Nerone

Nel corso del controllo di due cantieri edili alla periferia di Scafati (Sa), nel territorio di quella che fu il suburbio orientale di Pompei, sono venute alla luce le strutture di un piccolo ambiente appartenente a una più vasta villa romana, seppellita dall’eruzione del 79 d.C. a breve distanza è stato scoperto anche un edificio funerario a cielo aperto con iscrizioni relative ai Lucretii Valentes che hanno permesso di attribuire sia il recinto funerario che le strutture abitative alla celeberrima famiglia pompeiana. Trattandosi di scavi archeologici di emergenza, della villa si è potuto liberare solo una parte del piccolo ambiente rinvenuto a un metro e mezzo di profondità. Questo ha restituito una decorazione in quarto stile pompeiano, con la centro un pannello delimitato da un bordo di tappeto e, nello spazio metopale, un medaglione rosso con pantera rampante. Al di sopra erano un corno potorio (per libagioni), due melograni e un uccellino su un ramo che becca una delle quattro ciliegie dipinte. La pantera e il corno potorio sono simboli dionisiaci: il riferimento a Dioniso è legato al fatto che l’area tra Pompei e Nocera aveva una produzione intensiva di vino, il celebre Pompeianum.

Fortunatamente l’edificio funerario ricadeva nel terreno interessato dallo sbancamento per la casa in costruzione, fatto che ha consentito, sia pure con grande difficoltà, di esplorarlo integralmente. Alla profondità di oltre quattro metri, dopo lo strato di humus vegetale e quello di cenere compatta dell’eruzione del 79 d.C., nel sottostante strato vulcanico di lapillo (piccoli pezzi di pietra vulcanica molto leggera), si è rinvenuto un recinto a cielo aperto con pianta vagamente trapezoidale (lato più lungo 7,70 m, altezza massima 1,90 m): una forma sghemba, forse dovuta alla limitatezza dello spazio e all’adattamento della costruzione al leggero pendio del terreno. Le pareti presentavano un rivestimento di cocciopesto, mentre il piano di calpestio era di terra con al centro i resti di un focolare.

Il recinto si allineava su una strada di terra battuta e presentava lungo tale lato una panchina rivestita del medesimo intonaco a cocciopesto per dare asilo ai passanti. L’accesso a monumento funerario era tuttavia collocato sul lato occidentale, lungo un diverticolo della strada che certamente conduceva alla villa. La porta (larga 1,20 m) doveva essere di legno come lascia pensare un frammento conservatosi con dei chiodi.
Accanto alla porta era una nicchia, che all’interno raddoppiava la larghezza per poter nascondere, dietro una tegola posta di taglio, la chiave (non rinvenuta) dell’edificio. All’esterno si è raccolta un’iscrizione, in frammenti e lacunosa, che doveva stare sull’attico della facciata dell’edificio funerario, forse in una sorta di frontone. […]