Pomerania anteriore: l’archeologia ritrovata In Germania sulle rive del Baltico

Archeologia Viva n. 73 – gennaio/febbraio 1999
pp. 20-31

a cura di Bert d’Arragon

La riunificazione tedesca ha consentito la ripresa dell’indagine archeologica nella regione della Pomerania anteriore: una terra lontana dalla vetrina europea il cui passato presenta il fascino delle realtà aperte entrate per ultime nella storia del continente

Mecklenburg-Vorpommern: in Germania il nome evoca ricordi di spiagge vuote, venti freschi, campi e prati sconfinati, tramandati ai giovani d’oggi da nonni fuggitivi di una guerra lontana, o scappati da un regime che non esiste più. Ricordi che, per l’Occidente e fino a pochi anni fa, parevano spariti nel fiume della storia, strappati al nostro bagaglio culturale grazie alla spartizione di un paese che, sognando di essere “grande”, aveva provocato il disastro della guerra più spaventosa dell’umanità.

Mecklenburgo-Pomerania anteriore: in italiano è uno scioglilingua, denominante quella pianura fertile lungo le rive del Baltico, che viene prima della Pomerania vera e propria (oggi in Polonia al di là dell’Oder; vedi: AV n. 68) e che per l’archeologia costituisce ancora una grande macchia bianca. In realtà questa regione, segnata da pianure verdi e nebbiose, da coste suggestive con desolate spiagge bianche e piccole città dai nomi misteriosi come Wismar, Rostock, Stralsund o Greifswald, è impregnata di una storia decimillenaria che aveva cominciato a stimolare l’interesse degli studiosi già all’inizio dell’Ottocento. In seguito, nella prima metà di questo secolo, i numerosi resti antichi, spesso conservati splendidamente, affascinarono i pionieri dell’archeologia tedesca. Nell’ultimo dopoguerra la ricerca è affogata, invece, nei famigerati “piani quinquennali” della Repubblica democratica tedesca, che regolavano tutte le attività, compreso l’archeologia.

Quando è caduto il muro di Berlino (9 novembre 1989) è venuto meno anche il velo steso sull’immenso patrimonio archeologico di questa parte nordorientale della Germania. È stata istituita la rete della Denkmalspflege, già presente nella Germania Ovest (l’equivalente delle nostre soprintendenze); nelle università sono arrivati nuovi studiosi, mentre i “professori di regime” sono stati destituiti (purtroppo non sono mancati casi di gente valida mandata comunque in pensione); nei musei sono riapparsi anche i reperti non riferibili ad attività di contadini o lavoratori in genere; infine, è possibile realizzare anche ricerche prima impedite in quanto non finalizzate a comprovare la validità delle teorie marxiste fin dalla preistoria. Mentre l’importanza dell’approccio scientifico del Realsozialismus alle tematiche archeologiche dovrà essere valutata con maggiore attenzione, grazie alla riguadagnata libertà è, finalmente, possibile osservare indisturbati quello che, dopo due guerre e oltre trent’anni di regime insensibile ai monumenti antichi, ancora si conserva negli affascinanti territori della Pomerania anteriore.

Il Mecklenburg-Vorpommern presenta ambiti geografici diversi: nelle zone interne troviamo fertili pianure con campi, prati, boschi e paludi, soprattutto vicino ai fiumi, alternati ad ampie zone lacustri; le zone costiere, con spiagge, dune sabbiose e pascoli costituiscono il secondo ambito geografico, insieme alle aree lagunari e peninsulari vicine alle foci dei fiumi maggiori nei pressi delle città di Rostock, Wismar, Barth e Stralsund. La terza area geografica è costituita dalla famosa isola di Rügen: l’isola bianca (per la componente geologica gessosa), la più grande della Germania e al contempo la punta più esposta a nordest, un vero e proprio gioiello per bellezza naturalistica, densità di resti archeologici e persistenza di antiche tradizioni ancora vive e sentite.

La preistoria, la protostoria e l’epoca storica nelle zone nordorientali dell’Europa centrale non presentano la continuità nota per l’area mediterranea. L’inizio stesso della frequentazione umana ritarda molto rispetto alle zone nostre, soprattutto a causa delle condizioni climatiche: fino all’oscillazione climatica di Alleröd, intorno all’11.000 a.C., tutta l’area era coperta di ghiaccio e anche nelle fasi successive il clima rimase molto rigido, creando un ambiente simile a quello che per millenni alle nostre latitudini aveva favorito l’economia dei cacciatori e raccoglitori tipica del Paleolitico. L’agricoltura e l’allevamento del bestiame, che nelle zone più calde posero fine al difficile periodo del Mesolitico e che costituirono la base economica delle grandi culture neolitiche, nelle regioni vicine al Baltico furono introdotti con un ritardo di oltre due millenni rispetto all’Europa meridionale. Ma, una volta diffuse le conoscenze della gente neolitica, si assiste a una grande fioritura di culture diverse, soprattutto durante il Neolitico medio e recente (IV-III millennio a.C.), di cui sono testimoni non solo le ceramiche elaborate, ma anche le imponenti costruzioni megalitiche, che si inseriscono pienamente nel contesto dell’architettura megalitica dell’Europa occidentale e settentrionale. I popoli neolitici locali, una volta in possesso delle necessarie conoscenze, furono in grado di sviluppare le nuove tecniche in maniera autonoma, fino a raggiungere livelli culturali molto elevati. Questo fatto è indubbiamente dovuto anche alla ricchezza delle risorse naturali. […]