Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 73 – gennaio/febbraio 1999

di Piero Pruneti

Il lungo articolo che pubblichiamo sui Maya, realizzato in collaborazione con Palazzo Grassi,dov’è in corso la mostra dedicata, e con Bombiani, editore di uno splendido catalogo, ci pota a qualche inevitabile . certamente non nuova – riflessione. La civiltà Maya, come quella degli Aztechi o degli Incas (ultimi stadi di elaborazioni culturali millenarie, autoctone del continente americano), ci sorprende ancora per la magnificenza delle espressioni, per la raffinatezza delle elaborazioni concettuali, per la straordinaria complessità della mitologia. A questo moto di ammirazione se ne accompagna inevitabilmente uno di raccapriccio per il carattere – che ai nostri occhi appare di una violenza estrema – dei riti e dei rapporti interetnici. Il sangue ci appare come una delle componenti dell’universo maya, dominato da divinità insaziabili , da signori spietati. Un fiume di sangue ci immaginiamo scivolare da quelle piramidi ripidissime che oggi i turisti salgono e scendono con l’emozione della vertigine. La crudeltà insita nella struttura delle società precolombiane ha costituito la principale giustificazione della violenza europea su quegli stessi popoli. Bisogna chiedersi, tuttavia, se fosse inferiore e più giusto lo spargimento di sangue che all’epoca (ma arriviamo pure agli eccidi dei giorni nostri) si verificava nella stessa Europa, in nome di principi che in qualche misura avevano sempre a che fare con la religione. Altri tipi di “sacrifici”, ma efferatezza non certo inferiore. E così, inevitabilmente, dobbiamo rinunciare ad ancora ricorrenti tentativi di mistificazione e accettare il fatto che la violenza degli Europei nei confronti delle violente società americane fu né più né meno l’imposizione di popoli tecnologicamente più avanzati. Insomma la violenza dei vincitori che ha sempre ragione. Nonostante le professioni di idealismo politico della cultura europea, i Maya non hanno potuto sottrarsi a una regola della storia, che tanto spesso ha coinciso con la dura legge biologica del più forte. In questo la fine della civiltà Maya è, purtroppo, una metafora ancora valida.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”