Friuli: i villaggi del grano Alle origini dell’età neolitica

Archeologia Viva n. 72 – novembre/dicembre 1998
pp. 40-48

di Andrea Pessina

Settemila anni fa si verificò quella che si usa definire “rivoluzione neolitica”
I preziosi risultati di dieci anni di indagini sulla neolitizzazione nell’Italia nordorientale consentono ora di mettere a fuoco i particolari di questo evento straordinario

Il passaggio dallo stato di cacciatore-raccoglitore a quello di agricoltore è stato uno dei più radicali cambiamenti nella storia dell’Uomo. Numerose specie vegetali e animali vengono per la prima volta domesticate, sono da allora a fianco dei gruppi umani e restano ancor oggi elementi fondamentali della nostra alimentazione. La nascita dell’agricoltura determina la sedentarizzazione delle comunità neolitiche, che si legano a un territorio abbandonando la vita nomade dei periodi precedenti. Sorgono così i primi centri urbani, si sviluppano grandi reti di scambio lungo le quali circolano le materie prime e con esse le nuove invenzioni tecnologiche e le idee.

Con il Neolitico si innescano però anche alcuni dei mali propri delle società moderne, quali l’incremento demografico, la pressione umana sull’ambiente, la necessità costante di nuove terre e probabilmente la stessa competizione tra le comunità per il controllo delle fonti di materie prime. È la Mezzaluna fertile (i territori degli attuali Siria, Libano, Palestina, Giordania, Iran, Iraq e Turchia) il teatro dei primi passi del Neolitico, il territorio dove i cereali che qui crescevano allo stato selvatico (orzo, frumento, farro) e gli animali (capre e pecore) vengono per la prima volta assoggettati dall’uomo.

La penisola italiana per la sua posizione nel Mediterraneo rappresentò nel corso della neolitizzazione una sorta di ponte geografico. Le più antiche comunità agricole si rinvengono sul versante orientale dell’Italia meridionale, a conferma delle direttrici di provenienza dei primi gruppi di agricoltori. Si tratta di villaggi culturalmente riferibili alla Ceramica impressa e databili agli ultimi secoli del VI millennio a.C. Le ceramiche presentano tipiche decorazioni ottenute con l’impressione della valva di una conchiglia (spesso del genere Cardium), di uno strumento, di una lamella di selce oppure con semplici unghiate o impressioni digitali.

I caratteri di questi primi siti neolitici documentano l’arrivo di genti alloctone con bestiame già domestico e cereali. Comunità neolitiche, sempre riferibili alla corrente culturale della Ceramica impressa, si stabiliscono successivamente in Sicilia, quindi lungo le coste tirrenica e adriatica della Penisola, raggiungendo da una parte la Liguria e dall’altra la Romagna.

Per l’Italia settentrionale i dati indicano che verso il 4.600-4.500 a.C. comparvero le prime comunità di agricoltori-allevatori neolitici. È probabile che questi gruppi culturali si costituiscano sotto l’influenza più o meno mediata di varie entità neolitiche. La posizione stessa dell’area padano-alpina, sorta di tampone tra le varie correnti di neolitizzazione, va a complicare un quadro caratterizzato da una molteplicità di aspetti culturali: cultura di Fiorano in Toscana settentrionale, Emilia orientale e Veneto; gruppo del Vhò in Emilia occidentale e nella pianura lombarda e piemontese; gruppo dell’Isolino nella Lombardia prealpina; gruppo del Gaban nella valle dell’Adige; gruppi di Fagnigola e Sammardenchia in Friuli; aspetto di Vlasca nel Carso triestino.

A partire dalla fine degli anni Ottanta è stato sviluppato in Friuli, sotto la direzione di Bernardino Bagolini, un intenso programma di ricerche concernenti il problema della neolitizzazione dell’Italia nordorientale. Nell’ambito di tale progetto sono state condotte ricognizioni di superficie e scavi in alcuni villaggi neolitici friulani, quali Sammardenchia, Fagnigola e Piancada (a cura di Alessandro Ferrari e Andrea Pessina). Particolare attenzione è stata rivolta all’incremento di dati con analisi cronologiche al Carbonio 14 (S. Improta del laboratorio dell’Università di Roma e C. Tuniz del laboratorio australiano Antares), paleobotaniche (L. Castelletti e M. Rottoli), geoarcheologiche (C. Ottomano), traceologiche (L. Calani), archeozoologiche (A. Riedel e G. Petrucci) e sulla provenienza delle materie prime (C. D’Amico per le pietre verdi, A. Ferrari per la selce, G. Crisci e A.M. De Francesco per le ossidiane).

Da questa operazione – che vede l’impegno congiunto del Museo friulano di Storia naturale di Udine, delle università di Trento e Pisa, delle amministrazioni locali di Pozzuolo del Friuli, Palazzolo dello Stella e Azzano Decimo, oltre al coinvolgimento di gruppi culturali locali – è scaturito un nuovo quadro della neolitizzazione. […]