L’eredità del diritto romano Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 71 – settembre/ottobre 1998
pp. 96-97

di Franco Baldessarelli

I Romani elaborarono una giurisprudenza che oltre ad attestare la profonda organizzazione della loro società ha costituito una vera e propria rendita per i legislatori di ogni tempo

Per diritto romano s’intende quel complesso di norme giuridiche che fu in vigore nel mondo romano e romanizzato nel periodo che convenzionalmente va dalla fondazione di Roma nel 754 a.C. alla grande compilazione ordinata da Giustiniano imperatore d’Oriente (527-565 d.C.) nota con il nome di Corpus Iuris Civilis.

La sua conoscenza, oggi, la si deve a quel paziente lavoro di catalogazione, elencazione, classificazione e individuazione che si è svolto nel corso dei secoli (soprattutto gli ultimi) da parte degli studiosi delle cosiddette “fonti del diritto romano”, intendendo per tali sia le “fonti di produzione” che le “fonti di cognizione”.
Le prime sono quelle dalle quali si è generato il diritto romano e sono state il rex, i comizi, i concilia, il senato, il principe, sebbene un certo orientamento consideri fonti di produzione anche il risultato delle attività di tali organi e così: la lex (deliberazione presa dal populus romanus riunito nei comitia), i plebiscita (deliberazioni della plebe adunata nei concilia), il senatusconsultum (quando il senato assunse funzione legislativa autonoma) e la constitutio principis (cioè tutti i provvedimenti in generale dell’imperatore). Per “fonti di cognizione” si intendono invece tutti quegli elementi di ogni genere che ci permettono di ricostruire lo stato del diritto nelle varie epoche giuridiche, i negozi giuridici di tutti i giorni (atti) pervenutici attraverso reperti archeologici, nonché alcune notizie fornite dagli scrittori e dagli storiografi nel corso della lunga esperienza della storia di Roma. […]