Antinoe cent’anni dopo Adriano e l’Egitto

Archeologia Viva n. 71 – settembre/ottobre 1998
pp. 58-67

a cura di Eugenia Di Guglielmo

È passato un secolo da quando inizarono le ricerche nel sito della città che Adriano fondò in Egitto in memoria del giovane Antinoo
Una mostra a Firenze ripercorre questa straordinaria vicenda archeologica dove i ricercatori italiani hanno svolto un ruolo di primissimo piano

Antinoe, città fondata dall’imperatore Adriano nel 130 d.C. sulla riva destra del Nilo, a circa 300 km a sud di Il Cairo, sorge in una località che presenta una continuità di insediamenti a partire dall’età protodinastica: all’epoca faraonica risalgono una decina di tombe a pozzo di modeste dimensioni scavate nella roccia, attribuibili alle dinastie XI-XII (Medio Regno, 2133-1786 a.C.). Le colline che circondano il sito furono sfruttate come cave di pietra fin dai tempi più antichi, per estrarre il calcare utilizzato anche per i monumenti e le opere di Adriano.

La città fu costruita in onore e in memoria del fanciullo bitinio favorito dall’imperatore, Antinoo, da cui prese appunto il nome: si raccontava che il giovane, secondo il vaticinio di un oracolo, si fosse lasciato annegare nel Nilo per salvare la vita dello stesso Adriano. La “città di Antinoo” è detta «illustre», «illustrissima», «bella città» nella documentazione antica, proprio grazie all’importante ruolo economico che svolse nell’antichità: giungeva infatti ad Antinoe la via Adriana, che dal Mar Rosso portava fino al Nilo. La città era costruita secondo il modello ippodameo, basato sull’incrocio di cardo e decumanus maximus, circondata di mura, corredata di terme, di un teatro, di un ippodromo, di un arco trionfale, di un porto fluviale.

Capoluogo della Tebaide inferiore a partire dalla riorganizzazione di Diocleziano, fu, in epoca cristiana, una delle più importanti sedi episcopali egiziane: numerosi sono i monasteri disseminati nei dintorni. Dal 641, anno dell’occupazione araba dell’Egitto, Antinoe fu residenza dell’emiro dell’Alto Egitto e le moschee vennero a sostituire le chiese.

“Antinoe cent’anni dopo”: soltanto a partire dal 1895 (da qui il titolo della mostra in corso a Firenze, Palazzo Medici Riccardi) iniziarono le attività di scavo, guidate in un primo momento dallo studioso francese Albert Gayet (1856-1916), sotto la spinta dell’industriale Emile Guimet, grande appassionato dell’Oriente. Gli scavi, durati una quindicina d’anni, richiamarono l’attenzione sul tempio di Ramses II e su alcune vaste necropoli vicino alla città, da cui furono recuperati numerosi tessuti copti e altri materiali appartenenti ai corredi funebri, oggi al Museo del Louvre. La mancanza di relazioni di scavo e la frequente dispersione del materiale lascia tuttavia privi di preziosi dati scientifici.

Tra il 1913 e il 1914 operarono sul sito Carl Schmidt e, in un secondo momento, John de Monins Johnson, che esplorò diverse zone della città antica alla ricerca di papiri: numerosi e di vario genere furono i ritrovamenti, che comprendevano non solo importanti resti papiracei scritti in greco, in latino e in copto, ma anche tessuti, altri accessori e ornamenti. Curiosa apparve la scoperta di scarpe e sandali di pelle, di cui si segnalarono più di cento modelli diversi.

Le ricerche continuarono dal 1935 con l’équipe italiana di Evaristo Breccia e Sergio Donadoni, sotto la spinta iniziale di Girolamo Vitelli e per iniziativa dell’Istituto papirologico fiorentino intitolato a quest’ultimo. Durante le prime campagne (1935-39) si riportò alla luce, nella necropoli settentrionale, una cappella funeraria, detta “cappella di Teodosia”, decorata da alcune importanti pitture parietali, interessanti per la storia dell’Egitto cristiano e per lo studio dell’abbigliamento di quei tempi: da questi scavi emersero inoltre notevoli reperti papiracei. Molti materiali provenienti dagli scavi Breccia-Donadoni e allora concessi in esportazione, sono oggi conservati al Museo archeologico di Firenze e all’Istituto papirologico “G. Vitelli”. Nel 1940 ripresero le attività nel tempio già scavato dal Gayet, dove furono scoperte statue faraoniche di granito grigio. […]