Appuntamento dal dentista etrusco Scienze per l’archeologia/Paleopatologia

Archeologia Viva n. 70 – luglio/agosto 1998
pp. 66-69

di Gaspare Baggieri

Una limitata ma significativa serie di protesi archeologiche ha consentito di mettere in luce l’insospettabile esperienza odontoiatrica degli Etruschi… che per loro fortuna avevano meno carie di noi!

Il termine “medicina etrusca” è stato spesso utilizzato in modo improprio, quasi a indicare una scuola di insegnamenti medico-terapeutici. Le nostre conoscenze in proposito, ricondotte sino a qualche anno fa principalmente alle testimonianze archeologiche e alle poche fonti scritte romane, non recavano certamente questa indicazione di esclusività. Ora tali conoscenze si stanno arricchendo, grazie a scoperte in campo paleopatologico e, in particolare, su reperti osteologici (di natura ossea) umani come, ad esempio, le trapanazioni craniche (vedi AV n. 63) e su reperti archeologici, come gli ex voto anatomici (vedi AV n. 65). È probabile che, alla luce di queste nuove acquisizioni, parlare di “medicina etrusca” non risulterà più improprio, mentre non mancheranno altre sorprese utili alla ricostruzione storica delle comunità attestate nell’Italia centrotirrenica tra VIII e II sec. a.C., che hanno costituito la grande nazione etrusca.

È certo che gli Etruschi soffrivano di denti. Gli studi di paleontologia orale, condotti su antiche mascelle, dimostrano che la carie era la principale malattia della bocca, anche se con un’incidenza più bassa rispetto ad altre popolazioni di età romana, ma il linea con le percentuali, dal 3 al 6%, delle popolazioni antiche studiate. Da uno studio che lo scrivente ha in corso sembrerebbe addirittura che l’incidenza della carie dentale fosse minore negli etruschi del periodo orientalizzante (VIII-VI sec. a.C.), rispetto a quelli di epoca ellenizzante e romana (IV-II sec. a.C.). Ciò in conseguenza del passaggio da una dieta grossolana a una più elaborata (e ricca di elementi cariogeni).

Oltre alle carie dentali sono rinvenute malattie a carico dell’osso mascellare, anomalie nel numero dei denti, agenesie (denti geneticamente mancanti), malocclusioni da affollamento dentale ecc. (di queste patologie ci parla anche il grande medico enciclopedista Ippocrate nei trattati Le epidemie, Le articolazioni, Dentizione, stesi nel V sec. a.C.). Anche l’usura dentaria pare assumere carattere di forte abrasione per gli individui di epoca tarda (II sec. a.C.), con ogni probabilità per l’elevata presenza nelle farine di particelle sabbiose cedute dalle macine dei mulini.

Di fronte a una siffatta malattia sociale non si stava certo con le mani in mano. I rimedi più in voga si rifacevano a estratti di erbe, tisane (menta piperita, malva, ecc.), oppure all’intercessione divina, attraverso le offerte; se proprio non c’era nulla da fare, si ricorreva all’estremo e temuto intervento: l’estrazione.
Ma non tutti accettavano tale perdita. L’aristocrazia, la gente di rango, di fronte alla mancanza di un dente, soprattutto nella dentatura anteriore (quella che partecipa a caratterizzare la bellezza, il sorriso, l’espressività), ricorreva all’impianto di protesi in oro, evitando, in questo modo, di compromettere sia le relazioni interpersonali che la propria immagine nella società. […]