Aborigeni: un albero per l’artista Preistoria in Australia

Archeologia Viva n. 70 – luglio/agosto 1998
pp. 40-51

di Emmanuel Anati

Le pitture su corteccia d’albero degli indigeni australiani ci offrono l’opportunità di entrare in rapporto con una realtà contemporanea di cultura paleolitica
Ma stiamo parlando di un mondo in estinzione e di un suo particolare tipo di arte spontanea che ogni giorno di più appartengono alla storia e ai musei

Per centinaia di generazioni gli aborigeni hanno cercato le ragioni dell’essere nella natura che li circonda. Tutto ha un senso, tutto è stato fatto vivere nell’epoca dei Sogni dagli spiriti ancestrali: ogni linea ricorda un epos, ogni grotta è piena di leggende, ogni pozza d’acqua conserva più storie di un monumento. Il minimo particolare di questo paesaggio brullo, immobile, eterno è pieno di vita, azione, ragione esistenziale. Uomo e ambiente sono una cosa sola.

La totale simbiosi con il territorio da parte dei clan di aborigeni – quegli stessi che da oltre quarantamila anni fa arrivarono in una terra immensa che nessuno aveva mai calpestato prima – è il motivo di fondo dell’arte prodotta da questa popolazione (paleolitica e nostra contemporanea) che ci offre la testimonianza eccezionale del modo di vivere e pensare dell’umanità dei primordi. Rocce, piante, animali, uomini e spiriti vivono nell’intimità degli aborigeni, nel loro ambiente, nella serena consapevolezza delle regole del mondo, dove reale e immaginario sono indivisibili. Esprimersi con la musica, la danza e la pittura fa parte di un modo di socializzare con il mondo circostante, con le pietre che accolgono l’arte rupestre e con le cortecce d’albero, che accolgono anch’esse le pitture. Pittura è scrittura per l’aborigeno, che con essa trasmette e memorizzata essenziali eventi dell’epoca dei Sogni. Ma dipingere non è solo scrivere, è anche leggere, i pensieri, i propri sogni, i messaggi degli spiriti e della natura. […]