Sicilia: quel bronzo dal mare di Mazara Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 69 – maggio/giugno 1998
pp. 72-76

di Rossella Giglio

Il recupero della bellissima statua bronzea nel Canale di Sicilia ha prodotto un entusiasmo paragonabile a quello che oltre venticinque anni fa accompagnò il ritrovamento dei Bronzo di Riace
Le trepidanti attese per la lettura archeologica dell’opera ma anche per gli altri pezzi che forse giacciono ancora sullo stesso fondale

Il recente rinvenimento di una statua di bronzo nel mare del Canale di Sicilia, nel corso di una normale battuta del peschereccio “Capitan Ciccio” di Ma zara del Vallo (Tp), ha provocato un grande interesse fra gli studiosi oltre alla pressante attenzione dei mass media e all’entusiasmo del pubblico. La statua, raffigurante un personaggio maschile nudo, testa rivolta indietro e capelli fluenti e una vibrante forza plastica che erompe dalle possenti forme del corpo, solo dopo accurate analisi e confronti potrà essere inquadrata cronologicamente con sufficiente sicurezza. Comunque, a un primo esame, per la raffinata fattura e il movimento di torsione del corpo, l’opera sembra un originale greco ascrivibile all’arte ellenistica (III sec. a.C.).

Quando è rimasta nella rete di “Capitan Ciccio”, la statua giaceva a circa 400 m di profondità; il comandante Francesco Adragna ha immediatamente avvertito via radio le autorità competenti per territorio della Soprintendenza per i beni culturali di Trapani prima del rientro nel porto di Ma zara del Vallo la sera del 5 marzo. Già circa un anno fa, in occasione analoga, della stessa statua era riemersa la parte inferiore spezzata della gamba sinistra, fu subito chiaro che si trattava di un reperto di rilevante interesse. Anche allora l’equipaggio del peschereccio aveva avvertito la Soprintendenza.

La sera stessa del ritrovamento la statua è stata trasferita presso il centro polivalente di cultura di Mazara, un edificio già collegio dei Gesuiti, oggi sede di uffici comunali e di un piccolo antiquarium civico. Qui è stato predisposto all’istante un contenitore per “ricoverare” il prezioso reperto in immersione di acqua dolce, mentre nei giorni successivi veniva approntato una vasca in vetroresina con un bagno di acqua deionizzata. È subito scattato anche il servizio di vigilanza, organizzato dalla <Soprintendenza di Trapani con il personale del Museo archeologico regionale “Baglio Anselmi” di Marsala.

La visita a Mazara del Vallo di Walter Veltroni, a ventiquattr’ore dal recupero, su richiesta del sindaco della città Giovanni D’Alfio, è un indice di eccezionalità del ritrovamento. Il ministro, accompagnato dal direttore generale del Ministero per i beni culturali, Mario Serio, ha accolto l’occasione per affermare che sarà stipulata una convenzione con la Marina militare per la protezione del patrimonio subacqueo italiano; a tale proposito, l’ammiraglio Pier Maria Lillo, comandante di MarSicilia, ha confermato che la Marina potrà mettere a disposizione i propri mezzi tecnici ad alta tecnologia, indispensabili per le ricerche archeologiche in alta profondità. Per quanto riguarda la Sicilia, in virtù dell’autonomia regionale, l’assessore ai Beni culturali Nino Croce, ha già stabilito con il ministro una piena intesa di collaborazione.

La statua in bronzo, priva delle braccia e delle gambe (la parte inferiore della gamba sinistra, ripescata precedentemente, corrisposte esattamente alla frattura), si conserva per un’altezza di circa un metro e mezzo e doveva essere di grandezza superiore al naturale. Rappresenta un personaggio maschile nudo. La testa è gettata all’indietro con lunghi capelli fluenti a grosse ciocche; le orecchie sono a punta; avorio o osso nell’orbita oculare. La figura rientra nelle varianti note del tipo del satiro; le forme del corpo, che si avvitano in un grande movimento di torsione, possono ipotizzare confronti con esempi ben noti, anche se di piccolo formato. L’atteggiamento si potrebbe confrontare con quello del Satirello danzante (cosiddetto “Satiro che si afferra la coda”), statuetta in marmo della metà del II sec. a.C. da un originale di bronzo, del Museo nazionale romano, in cui il satiro è rappresentato nell’atto di girarsi su se stesso durante la danza; la struttura centrifuga, caratteristica della metà del II sec. a.C., caratterizza, ad esempio, anche il satiro danzante e barbato di Pompei, esposto al Museo archeologico di Napoli (cfr. W. Fuchs, Scultura greca).
Dalle testimonianze note, le due essenze demoniache primitive sono identificabili nelle figure del sileno, generalmente rappresentato con zampe e coda equina, e del satiro con coda e zampe caprine: elementi comuni e diversità sono da attribuire ai differenti luoghi dove la tradizione si è formata. Nelle creazioni di genere della scrittura ellenistica, è possibile ritrovare raffigurazioni quasi completamente umanizzate. […]