Abitare il deserto. Antiche storie sulle rocce della Giordania meridionale Arte rupestre nel Vicino Oriente

Archeologia Viva n. 67 – gennaio/febbraio 1998
pp. 60-67

di Edoardo Borzatti von Lowenstern

Migliaia di graffiti raccontano la storia di cacciatori agricoltori e nomadi che si sono succeduti nelle valli un tempo verdeggianti del deserto più bello del mondo
Il loro studio riassume anche la vicenda interiore che ha condotto l’uomo sul cammino dell’arte

Con l’affinarsi delle ricerche e delle metodologie d’indagine di carattere essenzialmente naturalistico, si sono squarciati molti veli sul nostro più lontano passato: ma se lo scenario in cui l’uomo preistorico è vissuto promette una conoscenza sempre più dettagliata, tutt’altro che soddisfacente appare quanto attiene alla sfera psicologica. Tuttavia, un certo tipo di testimonianze ci offre la chiave per entrare nel mondo interiore dei nostri progenitori, anche se per tempi relativamente tardi dell’evoluzione: questa chiave è rappresentata dai prodotti della sfera estetica, materializzata negli oggetti da ornamento, nelle incisioni o pitture rupestri e in altre suppellettili di uso non pratico.

Anche se è innegabile che esigenze di ordine psicologico, che possono spingere un uomo a riprodurre immagini di animali o cose senza uno scopo preciso, si affermino per il solo gusto di provare o di produrre una gratificazione interiore, sembrerebbe provato che, nel modo di vedere o interpretare la natura, concorra il rapporto che anche in passato l’artefice ha o aveva con il mondo esterno, quasi il riflesso di quella situazione di equilibrio venutasi a creare fra lui e la realtà immanente.

La necessità di porre un ordine sistematico, di tentare una catalogazione dei prodotti umani, incontra sempre difficoltà oggettive, perché il grado di libertà della mente, sia pure antica e primitiva, supera di gran lunga qualsiasi legge naturale. Tuttavia certe caratteristiche ricorrenti permettono di inquadrare con un certo realismo quanto si è finora scoperto. Sono emerse mentalità ben definite, usanze, credenze, sensazioni, tradizioni, tecnologie e, in definitiva, dei precisi mondi psicologici che aiutano a completare il quadro delle nostre conoscenze, anche se solo a iniziare da circa 35 – 30.000 anni fa, per arrivare fino ai tempi della storia.

L’espressione artistica preistorica percorre una strada abbastanza lineare, al di là dei casi particolari dove il talento individuale è sempre pronto a uscire da schemi convenzionali.
Siamo nel Paleolitico superiore. In un primo momento l’”arte” è caratterizzata da realizzazioni tecnicamente impacciate, con carattere pre-figurativo, e subito dopo, in un arco di tempo lungo circa venticinquemila anni, da una ricca produzione in stile essenzialmente naturalistico: in quasi tutte le opere, sia pittoriche che incise o graffite sulle rocce, la natura, rappresentata per lo più da animali selvatici, è sentita e riprodotta senza ricorrere a trasfigurazioni e interpretazioni. È questo il momento più fecondo dell’arte preistorica, caratterizzato da una certa unità stilistica pur nella differenziazione di tecniche e mentalità fra regioni lontane. A figure isolate, talora sovrapposte ad altre, si alternano meravigliosi complessi compositivi che in certi casi sprigionano un senso di grandiosità e mistero. Le pitture si avvalgono di colori tratti dall’ocra rossa, gialla o violetta, dal nero dell’ossido di manganese o, più raramente, del carbone, dal bianco del carbonato di calcio e della caolinite.

Verso la fine dell’età paleolitica, al declinare del X millennio a.C., questa unità stilistica avverte una crisi: gli animali non sono più presenti in forme isolate e chiuse nel loro mondo, ma entrano in relazione fra loro o con l’uomo stesso. Nelle rappresentazioni l’uomo compare ora coinvolto non solo in scene di caccia, ma anche di scontri e duelli con i suoi simili. L’arte esce dall’oscurità delle caverne per acquistare gli spazi più luminosi e ben visibili dei ripari sottoroccia. Un nuovo stile caratterizza la produzione artistica, certamente più dinamico, quasi sempre narrativo, evocativo di quanto ha impressionato la fantasia dell’artefice; esso si estende dalla Spagna, al Nordeuropa, all’Africa, al Vicino Oriente e continuerà fino ai giorni nostri fra quelle popolazioni che dalla preistoria sono giunte a noi senza aver mai attraversato stadi culturali legati all’attività agricola. […]