Parchi per comuni mortali Futuro del passato

Archeologia Viva n. 65 – settembre/ottobre 1997
pp. 76-77

di Maurizio Quagliolo

La realizzazione di una riserva a Monterano in provincia di Roma offre l’occasione per ridimensionare la definizione delle aree con valenze ambientali e archeologiche

Parlare di “parco” senza specificare l’accezione che la parola assume nel nostro discorso può essere fuorviante. Nel corso del tempo il vocabolo ha visto diversificarsi i suoi significati, soprattutto nell’uso che se n’è fatto nel linguaggio tecnico, in particolare nel settore dei beni culturali e ambientali. L’etimologia riconduce a una radice “preindoeuropea” dal significato generico di “recinto” (un po’ il temenos greco), applicata, evidentemente, a qualcosa che delimita; ma già alla fine del Settecento il significato originario è traslato in quello di “insieme” di cose in qualche modo omogenee, come nel caso, ad esempio, di “parco macchine”.

Il fatto non è di poco conto, dal momento che il dualismo “riscontro fisico – accezione simbolica” ha permeato e continua a filtrare tutte le infinite discussioni fra chi ritiene che il parco si riferisca a un’area geograficamente delimitata e riconoscibile, con le sue pertinenze e i suoi contenuti concreti, e chi ritiene che esso possa descrivere anche i modi con cui questi contenuti vengono evidenziati, gestiti, proposti, attraverso tutte le sfumature intermedie possibili. Tutto ciò ha portato a un proliferare di locuzioni, a volte giustificato, altre meno, quali “parco tematico”, “parco tecnologico”, “parco naturale”, “parco archeologico”, “parco letterario”, “parco divertimenti”, “parco culturale”, “parco urbano”, “parco minerario” e così di seguito, dalle quali l’unica certezza che ricaviamo è che il termine “parco” ha bisogno, quantomeno, di ulteriori specificazioni.

Una definizione di Maria Costanza Pierdominici e Massimo Tiballi (Soprintendenza archeologica del Lazio) del 1986 lo descrive come «un’area delimitata con presenze archeologiche di rilevante valore, creata e organizzata sia per la conservazione dei beni contenuti, considerati come un insieme di consistenze e di potenziale informativo del sito, sia per la tutela all’intorno dei suoi valori storico-ambientali». A questa interpretazione, fondata sulla circoscrizione fisica di un luogo, si può obiettare sia l’aderenza a una scala di valori già in quegli anni contestata sulla scorta della riconosciuta importanza anche dei beni di «non rilevante valore», sia il limitato scopo attribuito al parco: appaiono, infatti, condizioni necessarie, ma non sufficienti, quelle della conservazione e della tutela, alle quali è opportuno affiancare, in un’opera di valorizzazione qual è quella che si presume debba costituire un parco archeologico, la promozione e la divulgazione scientifica. Un’ultima notazione potrebbe riguardare l’effettiva estensione da dare a quell’«all’intorno». […]