Ravenna archeologica Dentro lo scavo

Archeologia Viva n. 65 – settembre/ottobre 1997
pp. 64-69

di Maria Grazia Maioli

Il terzo incontro annuale degli archeologi europei è l’occasione per scoprire la dimensione archeologia di questa città nota soprattutto per gli stupendi mosaici delle basiliche
Di particolare attualità è la zona di Classe dove sorgeva il quartiere del porto antico e che presto diverrà un parco archeologico

In epoca romana la città di Ravenna cominciò ad assumere importanza solo dopo la costruzione del porto militare, voluto dall’imperatore Augusto; la città sorgeva su una serie di cordoni di dune sopraelevate che dividevano il mare dalle lagune interne; furono queste lagune a essere adattate per ospitare i bacini portuali, cui venne dato un ingresso artificiale tagliando il cordone a sud della città, nella zona in cui sorgerà poi il sobborgo portuale di Classe. Ravenna era attraversata da vari corsi d’acqua naturali, il fiume Padenna e i suoi affluenti, Lamisa e Flumisello; a questi si aggiunse poi il canale artificiale della Fossa Augusta, che collegava gli invasi del porto alla laguna veneta e ad Aquileia.

Il porto vero e proprio era formato da due invasi regolarizzati; uno più esterno, di dimensioni maggiori, si estendeva a ovest di Classe e verso sud; l’altro, più interno e minore, giungeva fino alla città: su di esso prospetterà Port’Aurea, dell’epoca dell’imperatore Claudio (41-54 d.C.), in origine probabilmente un arco onorario, poi inglobato nella cinta muraria tardoantica.

La topografia della città antica di Ravenna è ancora piuttosto incerta; il fenomeno della subsidenza, cioè dell’abbassamento naturale del terreno, presente in ogni epoca, ha provocato il costante sprofondare di ogni costruzione verso la falda acquifera e, quindi, la necessità nel tempo di continue ricostruzioni e modifiche della situazione topografica e planimetrica; per cui la Ravenna della prima età imperiale giace a una profondità media di sei-sette metri e le sue strutture sono coperte dalle fasi edificatorie successive. Un buon esempio della situazione archeologica è dato dal recente scavo di via D’Azeglio, nel centro storico, dove si sono rinvenute fino a sette costruzioni sovrapposte, raggiungendo, a circa sette metri e mezzo di profondità, la fase di occupazione preromana, databile al IV sec. a.C.

La situazione del sobborgo di Classe è analoga, ma, poiché l’abitato è sorto su un cordone di dune sopraelevato, lo spessore degli strati archeologici è minore; il terreno inoltre, anche attualmente, è destinato all’uso agricolo, con minori difficoltà per lo scavo. Tutta la linea di costa, dall’invaso del porto e dalla Fossa Augusta fino alla spiaggia, allora in pratica contigua alla città, era occupata da una linea di necropoli, intervallate da edifici presumibilmente di destinazione pubblica, come il probabile impianto termale del tempo di Adriano (117-138 d.C.), venuto alla luce a sud del canale dell’imboccatura del porto, sotto la chiesa di S. Severo di epoca bizantina. Il sobborgo classicano si costituì naturalmente a poco a poco, sui due lati del canale, unendo impianti portuali a strutture private.

La zona non fu mai autonoma dal punto di vista amministrativo; è presumibile anzi che gli impianti principali, come anche le caserme militari, fossero ubicati in vicinanza della città, o entro Ravenna stessa. A tutt’oggi non esistono testimonianze archeologiche che permettano di identificarli: sondaggi e controlli diversi hanno portato a ricostruire almeno in linea di massima lo sviluppo dei moli e delle opere di protezione del porto, senza però poterne individuare i servizi e gli impianti. […]