Menorca (Minorca): trascorsi megalitici Preistoria del Mediterraneo

Archeologia Viva n. 65 – settembre/ottobre 1997
pp. 22-37

di Alberto Pozzi

Majorca e Minorca conservano un ricco patrimonio megalitico e ciclopico lasciato dai colonizzatori preistorici in particolare Minorca presenta tipologie costruttive uniche al mondo
Al tempo stesso si rivelano sorprendenti affinità fra le esperienze megalitiche delle Baleari e di altre terre mediterranee

L’avventuroso ritorno di Ulisse dalla guerra di Troia, che ci viene proposto da Omero nell’Odissea, offre un quadro significativo dei pericoli che le popolazioni protostoriche affrontavano nei loro spostamenti per mare. Un’avversa natura opponeva ogni sorta di difficoltà: giganti, sirene, mostri vari, nonché interventi diretti degli dèi concorrevano nell’ostacolare la volontà umana.

Le prime tracce lasciate dall’uomo sulle isole mediterranee risalgono al Paleolitico superiore, senza, tuttavia, costituire una prova di abilità nautica. Infatti, nei periodi di massima espansione dei ghiacciai pleistocenici (l’ultima delle quali ha avuto luogo intorno a 70.000 anni fa) il livello del mare era molto più basso dell’attuale, a causa dell’accumulo di grandi masse di acqua, sotto forma di ghiaccio, sui complessi montuosi e nelle calotte polari. In quel periodo Sardegna e Corsica erano unite e uno stretto braccio di mare divideva quest’ultima dalla piattaforma emersa che dalla Toscana si protendeva nel Tirreno comprendendo anche l’Elba. Così le nostre maggiori isole vennero facilmente raggiunte dalle popolazioni paleolitiche.

Nel Mesolitico (intorno a 10.000-8000 anni a.C.), con un livello del mare simile all’attuale, piccoli gruppi umani riescono a raggiungere diverse isole su rudimentali imbarcazioni. Nel Neolitico medio e finale (più o meno dal 5000 a.C.) le tecniche di navigazione fanno sostanziali progressi: ora l’uomo si sposta in cerca di superfici da coltivare, di pascoli, e attraversa il mare portando con sé donne e bambini insieme ai primi animali domestici: la capra, la pecora, il cane, il maiale. Ma siamo ancora lontani dalla padronanza della tecnica nautica che verrà raggiunta nella successiva età dei metalli e che innescherà il fenomeno delle linee commerciali marine, regolarmente percorse.

Proprio a partire dal Neolitico finale le popolazioni mediterranee sono interessate da una nuova cultura originatasi nel corso del V millennio in Bretagna e nelle Isole Britanniche: il megalitismo, con forme di culto tendenti a valorizzare il rapporto fra l’umano e il divino e, insieme, a enfatizzare l’importanza della sepoltura.

I Megalitici elevano strutture imponenti, realizzate con pietre di grandi dimensioni e tecniche che presuppongono una vita sociale intensa e organizzata, retta da un potere che probabilmente unificava la gerarchia religiosa e quella politica. Si innalzano pietre lunghe e strette (naturali o rozzamente sagomate), note con il nome bretone di menhir, e strutture di tipo funerario costituite da una serie di pietre piantate verticalmente a sostenere una tavola litica orizzontale: i dolmen.

Da questi elementi basilari derivano altre costruzioni via via più complesse, che si diversificano nelle varie zone in cui la nuova cultura approda. In questo modo, l’energia eccedente e il tempo libero dai lavori agricoli vengono dedicati al culto dei morti e alla glorificazione di alcune divinità che regolamentano la nascita, la vita e la morte. Alcune di queste popolazioni megalitiche, dedite al “servizio degli dèi”, moltiplicano le costruzioni finalizzate a potenziare il loro contatto con il divino, spesso trascurando le stesse opere di difesa. […]