Baalbeck: viaggio nella grandiosità Santuari colossali nel mondo romano

Archeologia Viva n. 64 – luglio/agosto 1997
pp. 52-59

di Giorgio Bejor

La visita in Libano al santuario dell’antica Heliopolis ci trasporta in un mondo dove le stesse dimensioni e misure ci sconvolgono per la forza economica di cui furono espressione e per la loro vicinanza con l’utopia della rappresentazione perfetta del sacro

Una piattaforma artificiale di metri 270×210, contenuta da pietre ciclopiche, sostiene una corte di metri 135×113 che prelude al tempio vero e proprio, cinto da una serie di 56 colonne, 10 sulle facciate e 19 sui lati, alte 20 metri: una volta e mezzo quelle della facciata del Pantheon a Roma. L’intero tempio di Zeus misura metri 56×90 e si alza a sua volta su un podio alto 14 metri, con massi squadrati che in due casi raggiungono una lunghezza di 19 metri e un peso superiore a 1000 tonnellate, sino a raggiungere un’altezza totale di 46 metri sulla campagna circostante. Accanto, doveva sembrare poca cosa il secondo tempio dello stesso santuario, quello cosiddetto “di Bacco”, anch’esso su un alto podio ma grande “solo” metri 33,5×65,3.

Queste sono alcune delle misure di Baalbeck, o, meglio, del santuario di Zeus a Heliopolis, oggi Baalbeck, la capitale della valle libanese della Beqaa. Se si considera come il Partenone misuri metri 70×31, il colossale tempio di Giove Capitolino sul Campidoglio, a Roma, metri 53×63, quello della Concordia ad Agrigento metri 17×39,5, è proprio attraverso i numeri che si comincia ad avere almeno un’idea della grandiosità di Baalbeck. Ma va considerato anche che questo santuario non è solo immenso, perché è ricchissimo di decorazioni e, soprattutto, è uno dei meglio conservati di tutto il mondo antico.
Visitare il complesso di Baalbeck consente di avere l’esatta percezione di cosa volessero dire, nel mondo romano, questi grandi santuari orientali. Oggi ci si può nuovamente arrivare in tutta sicurezza, dopo che per molti anni le tristi vicende del Libano l’avevano tenuto lontano dai suoi ammiratori.

Si arriva sotto alla scalinata principale, che costituisce ancora l’accesso alla terrazza, passando accanto ad altri resti dell’antica Heliopolis, come il curioso tempietto di Venere, che con i suoi muri curvilinei ricorda certe realizzazioni del barocco romano. Dalla scalinata si sale ai propilei, un grande portico trasversale che conserva ancora parte delle 12 colonne originarie, un tempo ornate di capitelli dorati (fu fatto fare da Settimio Severo, legato alla Siria anche per motivi familiari, e da poco reduce dalla guerra contro i Parti, nei primi anni del III sec. d.C.). Si accede quindi al cortile esagonale, circondato da colonnati ed esedre, aggiunto da Filippo l’Arabo (237-249 d.C.) per fare da ulteriore vestibolo al grande piazzale centrale. Giunti finalmente in quest’ultimo, ancor oggi si resta colpiti dalla sterminata grandiosità e dallo sfarzo delle decorazioni: tutto all’intorno sono i muri mossi da nicchie ed esedre e i resti delle colonne in granito rosso fatte venire apposta da Assuan, sul Nilo; sono ben conservate anche alcune delle esedre che si aprivano nei portici, dalle ornamentazioni finemente scolpite. […]