Fotografi al museo Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 63 – maggio/giugno 1997
p. 69

di Stefano Benini

Il diritto dei cittadini di usufruire dei beni culturali è limitato da leggi che tutelano il patrimonio, ma anche quando si potrebbe…

Molti lettori ci scrivono sollevando la questione delle fotografie nei musei, narrando spiacevoli vicende in cui il personale di sorveglianza ha frapposto proibizioni e divieti, in nome di non meglio precisati regolamenti. Le riprese fotografiche, cinematografiche e televisive dei beni culturali attengono a quello che i giuristi chiamano “uso speciale” dei beni pubblici, ovvero quella utilizzazione più intensa cui un singolo cittadino viene ammesso, rispetto all’uso generale che ne può fare la collettività, ad esempio con la semplice visita del museo: motivo per il quale la legge prescrive uno specifico controllo dell’amministrazione, attraverso una procedura autorizzatoria. Questo è il principio fondamentale stabilito dall’art. 51 della legge n. 340/30 marzo 1965.

Cosa dice la legge. Dal regolamento n. 1249 del 1971 e dal recente d.m. n. 171 del 1994, che in applicazione della legge n. 4/1993 (la cosiddetta legge Ronchey) ha disciplinato in modo innovativo l’aspetto economico dell’uso dei beni culturali, non solo per le riproduzioni, ma anche per ogni servizio editoriale, di vendita di cataloghi e riproduzioni, di caffetteria, ristorazione e guardaroba all’interno dei musei, si possono ricavare le seguenti regole:

1. L’esecuzione di fotografie con apparecchi portatili e senza apparati di illuminazione è consentita gratuitamente a tutti i visitatori di scavi, musei e gallerie dello Stato. Se si voglia far uso di cavalletti, ponti, o mezzi di illuminazione, occorre l’autorizzazione del soprintendente o del direttore della galleria. All’ingresso dell’istituto debbono essere esposti avvisi circa le modalità di esecuzione delle fotografie (art. 6 reg.);

2. Per riprese fotografiche di genere diverso, ovvero quelle che interessano visitatori non occasionali, ma studiosi, operatori turistici ed editoriali, che evidentemente avranno particolari esigenze di natura tecnica, è necessaria un’autorizzazione scritta, da ottenere con apposita domanda in duplice copia, attestante l’oggetto, il numero e lo scopo delle riprese. Il soprintendente o il direttore, rilasciando l’autorizzazione, stabiliscono le modalità di esecuzione, al fine di salvaguardare i beni e non dare intralcio ai visitatori (eventualmente autorizzando l’accesso fuori dell’orario di apertura). La ripresa può essere vietata quando ne possa derivare danno all’opera da ritrarre, o per particolari esigenze tecniche o di servizio (art. 7 reg.);

3. È vietato l’esercizio della professione di fotografo con stazionamento permanente all’interno degli istituti; l’accesso dei fotografi professionisti, in occasione di particolari manifestazioni, visite ufficiali, manifestazioni culturali, può essere consentito, dal soprintendente o dal direttore, con apposita autorizzazione (art. 8 reg.);

4. Nessun corrispettivo o canone, salvo il rimborso di spese vive affrontate dall’amministrazione per consentire la riproduzione (ad esempio, gli straordinari del personale di sorveglianza se la ripresa è fuori orario) è dovuto qualora la richiesta abbia a oggetto la riproduzione del bene culturale per uso strettamente personale o per motivi di studio, sempre che sia eseguita con modalità o mezzi non idonei alla diffusione della riproduzione. Diversamente dovrà esser pagato un canone, secondo un tariffario adottato con decreto del Ministro per i Beni culturali, di concerto con il Ministro delle finanze (artt. 18 e 19 d.m. 171/94). […]