Prima Sicilia Antiche vicende del Mediterraneo

Archeologia Viva n. 63 – maggio/giugno 1997
pp. 48-59

di Sebastiano Tusa

Semplice crocevia di culture altrui o terra produttrice di civiltà? Una mostra sulla preistoria e protostoria siciliana dalle origini del popolamento all’epoca delle colonizzazioni greche e fenicie ci offre un quadro culturale incredibilmente complesso e diversificato

Per ripercorrere le vicende della Sicilia, dalle origini alle colonizzazioni storiche dell’VIII sec. a.C., bisogna partire dall’antefatto, da quel periodo, cioè, durante il quale gli abitanti dell’isola non erano uomini, bensì grandi mammiferi oggi in parte scomparsi. In seguito, lentamente tra le maglie di un ambiente geograficamente ed ecologicamente molto diverso da quello odierno, compaiono i labili segni della presenza umana in forma di rozzi utensili in pietra. Ma la probabile presenza dell’uomo in un periodo precedente il Paleolitico superiore (prima di circa 20.000 anni fa) pone inequivocabilmente il problema del suo rapporto con gli elefanti, gli ippopotami e le altre specie estinte. Una correlazione che allo stato attuale non è possibile ricostruire.

I numerosi complessi litici raccolti, soprattutto nelle zone centromeridionali, occidentali e orientali, sono accomunati dalla mancanza di qualsiasi contesto stratigrafico di riferimento, essendo frutto di raccolte di superficie che, per quanto tipologicamente ricche e ben caratterizzate, non possono ancora rivestire il ruolo di prova incontrovertibile della presenza dell’uomo in Sicilia in periodi così antichi.

È stata, forse, la prima scoperta di questi complessi litici presso la costa meridionale dell’isola, o una certa suggestione dettata dal fascino dell’arcaicità delle origini, a far parlare in modo sempre più insistente di provenienza africana dei primi abitatori della Sicilia. Ciò grazie alla supposta esistenza di un “ponte” di terre emerse, durante le grandi glaciazioni, fra l’isola e la costa tunisina. Tuttavia, se è certo che prima di 800.000 anni fa l’isola era molto più vicina all’odierna Tunisia, dove, contestualmente Capo Bon doveva essere più proteso verso la maggiore delle isole mediterranee, non altrettanto certo è che i due continenti si toccassero senza soluzione di continuità.

Nei successivi Paleolitico superiore (15.000-10.000 anni fa) e Mesolitico (10.000-8000 anni fa) la Sicilia, soprattutto la sua porzione occidentale, appare occupata da una ricca serie di insediamenti in grotta attribuibili alla facies epigravettiana. Notiamo in questo lungo periodo una progressiva diversificazione della base di sussistenza alimentare dell’uomo con l’adozione della raccolta di molluschi marini e terrestri oltre che di essenze vegetali e, soprattutto, della pesca al fianco della tradizionale caccia. Tale ampliamento della base di sussistenza sarà il prerequisito essenziale per la successiva sperimentazione neolitica (6000-5000 a.C.) che porterà all’agricoltura e alla pastorizia. Questa si verifica soprattutto nella fascia litorale grazie alla presenza di ecosistemi particolarmente favorevoli, in quanto dotati di una spiccata variabilità ambientale che moltiplica le possibilità di drenare risorse e permette, in tal modo, la stanzialità prolungata per quei gruppi che in queste situazioni trovarono dimora, come nel caso della Grotta dell’Uzzo (San Vito Lo Capo, Tp) dove gli eredi dei mesolitici sepolti nella grotta saranno gli artefici del cambiamento neolitico.

Il processo di neolitizzazione, con il passaggio da un’economia di caccia e raccolta all’agricoltura e alla pastorizia, fu più volte condizionato da influssi e importazioni dall’esterno dell’isola. Tale processo procedette per gradi e, dopo le prime fasi di sperimentazione e scoperta dei cicli produttivi e procreativi di piante e animali, si assestò con la conseguente espansione del popolamento in zone ancora disabitate, come erano le Eolie e molte aree interne dell’isola.

Al primo momento il Neolitico (6000-5000 a.C.), corrispondente al vero e proprio fenomeno di impianto iniziale delle attività agropastorali, si associa la cosiddetta ceramica impressa. In un secondo momento si diffonde la facies di Stentinello (5000-4500 a.C.), dal sito eponimo sulla costa siracusana, caratterizzato da un villaggio di capanne quadrangolari costruite con pali e circondato da fossato a pianta ovale: la ceramica muta nella forma acquisendo forme e decorazioni più eleganti. Insieme a questa produzione così riccamente decorata compaiono, in misura più o meno rilevante, le prime ceramiche dipinte a fasce o fiamme rosse semplici o marginate in nero. In questa seconda fase del Neolitico peninsulare e siciliano assistiamo a una chiara espansione degli insediamenti, visibile sia nella colonizzazione di aree precedentemente disabitate, sia nella piena acquisizione del modello insediativo all’aperto nelle forme del villaggio capannicolo, spesso trincerato con conseguente abbandono della grotta come sede abitativa dell’uomo. […]