Nella tomba di Ramesse II Ultime scoperte in Egitto

Archeologia Viva n. 63 – maggio/giugno 1997
pp. 24-33

di Christian Bernard Leblanc

L’ipogeo del “Grande Sole d’Egitto” non ha assolto come avrebbe dovuto alla sua funzione di dimora eterna: saccheggiato già nell’antichità è stato poi danneggiato dalle piogge torrenziali che lo hanno colmato di detriti
Ora un’équipe franco-egiziana ha ripreso gli scavi nell’ambito di un progetto finalizzato al recupero di questo significativo monumento

Istituto di Egittologia tebana del Museo del Louvre cura lo scavo e studia, dal 1993, la tomba KV.7 (KV sta per King Valley) situata nella celebre Valle dei Re (sponda occidentale del Nilo a Tebe/Luxor) dove, dopo 67 anni di regno particolarmente brillante Ramses II (1279-1213), detto “Il Grande”, fu sepolto. Le ricerche vengono effettuate nel quadro di una stretta collaborazione franco-egiziana che associa, per la Francia, il Cnrs (Ura-Unité recherche associée 1064) e il Museo del Louvre e, per l’Egitto, il Centro di studi e documentazione sull’Antico Egitto e il Consiglio superiore di antichità. Le squadre beneficiano di sostegni scientifici bilaterali ai quali si è recentemente associata, come componente di mecenariato, la Fondazione Elf. Si mira ormai a operazioni di salvaguardia e di valorizzazione di questo monumento, ubicato in un sito che è stato inserito dall’Unesco nell’elenco del patrimonio culturale dell’umanità.

Dopo un lungo periodo di abbandono, la tomba di Ramses II, che non era mai stata sistematicamente scavata, conosce ora un rinnovato interesse ed è oggetto di studi e di ricerche pluridisciplinari. La sua ubicazione, all’imbocco della Valle dei Re, spiega il suo lento degrado, dovuto in gran parte al contesto geologico, ma soprattutto alle piogge torrenziali che fin dall’antichità hanno invaso la valle. Ancora oggi, molte camere della sepoltura regale sono ricolme di detriti che è necessario analizzare e gradualmente asportare per riscoprire la pianta e la decorazione di quest’immenso ipogeo. A mano a mano che le operazioni di svuotamento avanzano, diventano indispensabili il consolidamento e il restauro delle pareti, delle porte e dei pilastri. Il loro stato infatti, spesso in totale rovina, ha fino a oggi scoraggiato gli archeologi dall’operare qualsiasi intervento.

Contrariamente alle piante delle tombe regali che, a partire dal regno di Amenofi IV-Akhenaton (1352-1336), si caratterizzano con la strutturazione su un asse unico, quella di Ramses II (1279-1213) presenta due assi che sembrano riportare d’attualità uno schema attestato prima dell’epoca amarniana. La ragione di una tale scelta rimane sconosciuta, a meno di immaginare o stabilire un’eventuale relazione tra questo programma architettonico e quello, più vasto e complesso, della tomba ormai comunemente attribuita ai figli del Re, quella contrassegnata con la sigla KV.5. Una connessione tra le due sepolture potrebbe offrire una spiegazione soddisfacente a questo particolare progetto che solo la prosecuzione degli scavi permetterà di verificare.

Intrapresa prima della fine del secondo anno di regno di Ramses II, come suggerisce l’ortografia del nome di incoronazione contenuto nei cartigli del primo corridoio (Usermaâtrê, cioè ‘Potente è la giustizia di Ra’, e non Usermaâtrê Setepenrê, cioè ‘Potente è la giustizia di Ra, eletto da Ra’) la tomba richiese indubbiamente molti anni di lavoro. Pochi testi, peraltro solo alcuni ostraka (frammenti ceramici inscritti), e soprattutto quello datato all’anno 10 (dall’incoronazione), ricordano all’inizio del regno una attività nella necropoli. Al contrario, tutto porta a credere che documenti più tardivi, specialmente quelli datati agli anni 20, 24, 35 e 40 ritrovati in loco o tra gli archivi di Deir el-Medina, si riferiscono piuttosto a un diverso progetto che ben potrebbe corrispondere alla preparazione dell’immensa tomba riservata ai figli del Re. Alcuni indizi archeologici e i calcoli recentemente effettuati ci spingono a credere che la tomba di Ramses II non abbia richiesto più di dieci-dodici anni di lavoro da parte degli artigiani che avevano avuto l’affidamento del cantiere. […]