Eremiti nel deserto d’Egitto Sulle orme di Sant'Antonio Abate

Archeologia Viva n. 62 – marzo/aprile 1997
pp. 54-65

di Gian Carlo Zaffanella

L’antica terra dei faraoni conserva il prezioso ricordo dei primi secoli del cristianesimo quando monaci ed eremiti trovarono nella solitudine del deserto il luogo ideale per esercitare l’ascesi
Ma più sorprendente è trovare ancora in vita negli stessi luoghi quel primo mondo della nuova fede

Solo il tre per cento della superficie dell’Egitto è coperta dal verde. Il resto è tutto e sempre deserto, dai mari dunari al confine con la Libia agli immensi, abbacinanti bassopiani tabulari intorno alle oasi occidentali, fino alle frastagliate montagne del deserto arabico, fra Nilo e Mar Rosso, per finire con i paesaggi altamente spettacolari del Sinai. Inizia da qui il nostro itinerario alla scoperta delle testimonianze dei primi eremiti cristiani. In realtà, il deserto sinaitico è legato alle più remote memorie dell’esodo del popolo ebreo sotto la guida di Mosè. Qui, secondo la tradizione, il patriarca ricevette da Dio le Tavole della Legge. Più tardi, verso la metà del I millennio, tra le inaccessibili vette del Sinai si rifugiarono alcuni profeti, tra cui Elia.
Sicuramente il deserto attirò sempre l’attenzione delle anime più sensibili e mistiche. Per rimanere nel Cristianesimo ricordiamo che nel vicino deserto di Giudea visse Giovanni Battista e andò in solitudine Cristo prima di iniziare la sua missione evangelica. Il deserto è il luogo dove i mistici, oltre che conoscere meglio sé stessi, possono incontrare Dio. Un luogo d’elezione per praticare le più diverse forme di ascesi.

Sarebbe assurdo pensare alla nascita del fenomeno monastico egiziano senza la condizionante, e talora ossessiva, presenza del deserto, per il quale la popolazione nutrì sempre paura e, spesso, una netta avversione. Mentre la terra coltivata, in gran parte costituita dalla valle e dal delta del Nilo, era l’unica parte del territorio davvero vivibile, il deserto era considerato terra di nessuno, del nulla, dell’ignoto, torrido di giorno, gelido di notte: pericoloso inoltrarvisi in quanto facile perdersi, popolato da tutto un bestiario mostruoso (animali fantastici, leoni, serpenti, scorpioni…), ricettacolo di predoni e fuorilegge.

Accanto a queste fascinose negatività, nel deserto fiorivano anche incredibili oasi, alimentate da pozzi e sorgenti. Inoltre, se il deserto è terra sterile per agricoltura e allevamento, cionondimeno esso custodisce preziosi scrigni naturali: famosissime le antiche miniere di oro, argento e smeraldi nel deserto arabico, nonché di rame e turchese nel Sinai. Il deserto è anche il luogo dove gli antichi collocarono la «terra dei morti», in antitesi alla terra fertile del regno dei vivi: oltre che per la necessità di coltivare ogni lembo fertile, le tombe venivano poste nel deserto occidentale, laddove tramonta il sole, per ragioni simboliche. L’anima del defunto veniva portata dall’astro solare verso il regno tenebroso dell’oltretomba, così nell’antica mitologia egiziana, le montagne desertiche, oltre che la patria del cattivo dio Seth uccisore del mite Osiride, divennero sede della dea Meretseger, l’”amante del silenzio”.

Fu in quest’ambiente inospitale, pericoloso e spaventevole, che si inoltrarono i primi eremiti cristiani sotto l’incalzare, almeno all’inizio, di pesanti condizioni di vita: lunghezza del servizio militare romano, inasprimento delle tasse, ingiustizie di vario tipo. Ma se questo fu il caso di taluni, tra cui la tradizione menziona Paolo di Tebe, paradossalmente fu proprio in seguito all’istituzionalizzazione del cristianesimo, divenuto nel 381 d.C. religione ufficiale dello Stato, che il fenomeno assunse le dimensioni di un vero e proprio esodo di massa, tanto che “il deserto divenne città”. Cessata l’epoca delle persecuzioni, del cosiddetto “martirio rosso”, in quanto bagnato dal sangue dei martiri, molti cristiani vollero continuare a vivere eroicamente il Vangelo praticando un “martirio bianco”, forse addirittura più impegnativo del primo. Ciò implicava la rinuncia totale ai beni materiali posseduti e il perpetuo distacco dalla società. L’unico modo, in Egitto, per realizzare questo proposito era andare a vivere nel deserto nel più completo isolamento, a tu per tu con la propria anima e al cospetto di Dio. […]