Iside: mito mistero magia Dei e uomini in Egitto

Archeologia Viva n. 62 – marzo/aprile 1997
pp. 40-53

di Autori Vari

Il suo diffuso culto nacque in Egitto ma raggiunse la massima diffusione nell’ambito dell’impero romano quando questa dea amata soprattutto dalle donne venne adorata senza limiti di età e classe sociale da un capo all’altro del mondo
La grande mostra inaugurata a Milano ripercorre i quattro millenni dell’alterna fortuna della madre di Horus la cui adorazione non si è ancora del tutto spenta

Tra le religioni d’origine orientale che hanno invaso il Pantheon romano sotto l’Impero, il culto di Iside, «regina dagli innumerevoli nomi», occupa un posto di primo piano. Accanto al suo sposo, Osiride o Serapide, al dio-bambino Horus (chiamato anche Arpocrate), ad Anubi dal muso di canide, Iside presiede ai culti isiaci, diffusi dal Mediterraneo agli estremi limites dell’Impero, fino alle regioni transrenane e transdanubiane. Migliaia di documenti attestano le sorti degli isiaci, rivali non trascurabili di un cristianesimo nascente: l’adorazione di un dio – Osiride – che conosce in prima persona la morte e la risurrezione, di una dea – Iside – portatrice di compassione e di speranza attraverso una maternità consacrata dal vigore del figlio che mette al mondo – Horus -, la presenza insieme inquietante e rassicurante di una guida nel mondo dei morti – Anubi -, una tradizione millenaria di mistero e magia, legata alla gloria dei faraoni, delle piramidi e del sole d’Egitto, altrettanti motivi di fede e speranza sulla terra come nell’aldilà.

A partire dal III millennio a.C., nell’Egitto dell’Antico Regno, Iside è parte integrante della grande galleria del pantheon egizio. La dea non appare tuttavia nei documenti più antichi e soprattutto non gode di alcuna priorità rispetto alle divinità dei culti “concorrenti”.
Dall’inizio del II millennio, durante il Medio Regno, ma soprattutto durante il Nuovo Regno (1560-1085 a.C.), le divinità più importanti sono la triade di Amon (divenuta divinità dinastica), Mut e Khonsu. La dea Iside viene rappresentata in forma antropomorfa, in atteggiamento nobile, eretta o assisa. Con una mano impugna uno scettro, con l’altra la famosa croce ansata (ankh), simbolo della vita. Abbigliamento e gioielli sono molto atipici: porta – come la dea-madre Mut – un copricapo arricchito da un avvoltoio accovacciato o un ureo protettore.

A partire dal Nuovo Regno Iside mutua dalla dea Hator le corna bovine che circondano il disco solare. È piuttosto complesso elencare le funzioni della dea, ma è indubbio che essa sia essenzialmente legata ai ruoli “vitali” di sposa e madre. Nei celebri Testi delle Piramidi, raccolta di formule destinate a garantire le sopravvivenza del faraone dopo la morte, sono già presenti gli elementi del mito osiriaco: Iside, sposa di Osiride, veglia con la sorella Nefti il corpo del marito assassinato dal fratello, il malvagio Seth. Dall’unione tra Osiride risorto e Iside nasce il dio Horus. A Osiride, “per sempre vivo”, viene affidato il regno dei defunti. Rappresentato iconograficamente in verde, il dio è anche responsabile della vegetazione che rinasce dopo ogni piena del Nilo. Quanto a Horus, divinità bambina, diventa vendicatore di suo padre, di cui sarà successore, ma nell’ambito di una religione particolarmente complessa riveste molte altre funzioni. Come dio-falco, per esempio, è divinità solare e uno dei principali simboli del faraone.

Il culto di Osiride, Iside e Horus, nei templi a essi consacrati e soprattutto nell’ambito della religione funeraria, si perpetua dinastia dopo dinastia nel corso di tutta la storia faraonica. Sotto la XIX dinastia (1300-1180 a.C.), ma soprattutto all’inizio del I millennio, si assiste a ciò che può essere definito un sussulto di religiosità isiaca. Mentre Osiride continua a regnare incontrastato sul mondo dei morti, accentuando però caratteristiche di misericordia, gli studi di onomastica indicano l’importanza crescente attribuita alla sua sposa: ai bambini vengono dati nomi come “È Iside che me l’ha dato”, “Iside ha detto: che viva”, “Iside tiene in vita”, “Che Iside sia in festa”. Parallelamente, Horus prende il posto di Khonsu, altra divinità bambina. In termini di storia moderna delle religioni, ciò corrisponde a un intensificarsi della fede in Osiride, dio pietoso che ha conosciuto in prima persona la morte e la risurrezione, e in Iside, madre protettrice che veglia instancabilmente sul figlio, il dio-bambino Horus.
Erodoto, che si reca in Egitto verso la metà del V sec. a.C., è testimone diretto della fortuna di Iside (Her. II, 42). Sotto l’ultima dinastia indigena, la XXX (378-341 a.C.), tra i numerosi templi costruiti o ampliati, due importanti santuari attestano il fervore religioso che circonda Iside: l’iseo di Behbeit el-Hagar, nel Delta, e quello di Philae, isola della prima cataratta, ai confini meridionali. […]