Rio Grande: la memoria nei canyon Arte rupestre nel Texas

Archeologia Viva n. 61 – gennaio/febbraio 1997
pp. 44-53

di Emmanuel Anati

Oltre diecimila anni di storia ci sono rivelati dalle centinaia i migliaia di pitture e incisioni che si sono conservate sulle rupi del Rio Grande do Sul e dei suoi affluenti in un’area geografica un tempo ricercata dai gruppi umani oggi semideserta e abbandonata
Un patrimonio artistico enorme che oltre a documentare i modi di vita degli americani preistorici ci offre un’espressione meravigliosa dello spirito umano

Come altri grandi fiumi, il Rio Grande do Sul è stato per millenni fonte di vita e di evoluzione culturale per i gruppi umani che vi giungevano. Lungo gli affluenti, all’interno di profondi canyon che tagliano Val Verde County, si conservano resti numerosi di accampamenti, grotte e ripari con tracce millenarie di presenza umana. Altre vallate, come quelle del Nilo, del Tigri, dell’Eufrate, o del Fiume Giallo, furono culle di culture preistoriche che si evolsero in civiltà contadine e poi nei primi agglomerati urbani. Rio Grande do Sul non giunse mai all’urbanizzazione. Ma conobbe un grande fiorire di culture di popoli cacciatori e, infine, alcune modeste manifestazioni di agricoltura incipiente. Nel contesto di livelli tecnologici relativamente semplici vi si rinvengono esuberanti testimonianze d’immaginazione e di creatività: l’arte e gli aspetti ideologico-concettuali vi ebbero una loro grande storia, che ancora non ha avuto il giusto riconoscimento nella vicenda universale dell’uomo.

Rio Grande do Sul è il fiume che segna la frontiera tra lo stato statunitense del Texas e il Messico. Sul lato texano vi confluiscono il Pecos River, Seminole Canyon, Cow Creek e Devils River: profonde valli a strapiombo che rigano il grande e monotono altopiano semidesertico chiamato Edwards Plateau. In questi canyon circa duecento grotte conservano uno dei più ricchi patrimoni di arte rupestre del Nordamerica, in gran parte ancora sconosciuto. Parecchie grotte, davvero “texane” per le dimensioni, conservano anche strati archeologici di eccezionale spessore.

Nel Seminole Canyon, ad esempio, le piene hanno tagliato a sezione la terrazza di sedimenti antistante una grotta, nella quale si riconosce una successione di strati antropici dello spessore di circa 30 metri accumulatisi nel corso dei millenni: un’accumulazione di livelli archeologici pari a quella dei più importanti tell del Vicino Oriente. Molte altre grotte hanno livelli con resti di presenza umana per oltre 10 metri di spessore. Nelle sezioni affiorano strumenti litici, frammenti di ceramica, resti di stuoie vegetali, di tessuti, cuoio, pelli lavorate, oggetti in legno e in corteccia d’albero, per una successione di almeno 12.000 anni, ma forse assai più lunga. Le materie organiche si sono conservate in modo sorprendente, grazie al clima estremamente secco, tanto che Harry Shafer, uno studioso dell’Università di San Antonio, ha trovato stuoie e resti di sandali in fibre vegetali, in strati archeologici che risalgono a orizzonti di Cacciatori Arcaici di circa 10.000 anni fa.

Nell’ambito di una grande mostra sull’arte e la vita preistorica nelle caverne del Pecos River, realizzata qualche anno fa dal Museo di San Antonio, la principale città del distretto, venne ricostruito, tra l’altro, il livello di una grotta, Hinds Cave, dove gli studiosi hanno potuto riconoscere, al centro della grande sala d’ingresso, tre zone comuni con numerosi focolari e, più all’interno, due aree dove si concentravano giacigli, mentre altre zone, più appartate, erano adibite a latrina. La grotta era suddivisa come una casa moderna, dove l’uomo preistorico svolgeva funzioni diverse nei diversi settori. La “famiglia” che vi abitava era però assai più numerosa dei gruppi nucleari moderni e contava, si presume, una sessantina di anime.

Le grotte del Pecos impressionano per la ricchezza di contenuti, forme e proporzioni, che, come la nostra, devono avere stimolato l’immaginazione dell’uomo preistorico. I resti di cultura materiale comprendono oggetti d’arte, tra cui una quantità di singolari ciottoli dipinti, assai simili talvolta a quelli della cultura Aziliana dell’Europa occidentale. Ma ciò che caratterizza maggiormente quest’imponente complesso archeologico è l’arte rupestre, in prevalenza pitture ma anche incisioni, che coprono migliaia di metri lineari di superfici rocciose.

Alcune pareti hanno una nutrita sequenza di sovrapposizioni di arte rupestre attraverso la quale si riesce a riconoscere, per ora solo nelle grandi linee, la successione di orizzonti che mostrano mentalità e modi di vita diversi. Le fasi più antiche rappresentano in prevalenza figure animali associate a segni, o ideogrammi, in una sintassi e in stili riferibili a Cacciatori Arcaici (prima di 10.500 anni fa) che non conoscono l’uso dell’arco e della freccia. Segue un lungo periodo di esuberanza creativa di popolazioni la cui economia si basava in prevalenza sulla raccolta di frutti spontanei e che producevano l’arte in stato di allucinazione. Si sovrappone a questo una sequenza riferibile a Cacciatori Evoluti (dopo 4500 anni fa) che usano l’arco. Si ha infine una serie di stili di Popolazioni a economia complessa (inizi della nostra era) che raffiguravano il mais, veneravano la pannocchia di granoturco come sorgente di vita e che dovevano praticare, tra le altre attività, anche un’agricoltura incipiente. […]