Se il compratore è pubblico Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 60 – novembre/dicembre 1996
p. 90

di Stefano Benini

Nel passaggio fra privati dei beni culturali lo Stato può esercitare il diritto di prelazione

Chiunque intende cedere, a qualsiasi titolo, una cosa d’interesse storico-artistico di sua proprietà deve farne denuncia al Ministero per i beni culturali. È un obbligo sancito dall’art. 30 della legge 1089 del 1939 e sanzionato dall’art. 63 con la reclusione fino a un anno congiunta alla multa da L. 1.500.000 a L. 75.000.000. Scopo principale di tali disposizioni è rendere possibile l’esercizio della prelazione da parte dello Stato (art. 39), cioè, a parità delle condizioni per cui il bene passerebbe da privato a privato, l’acquisto da parte della pubblica amministrazione.

Va detto subito che dall’ambito di applicazione della norma sono esclusi gli atti a titolo gratuito: di fronte a una donazione, che un privato abbia deciso di effettuare a favore di altra persona, fisica o giuridica, lo Stato non potrà pretendere di farsi attribuire gratuitamente quel bene. Prevale in tal caso un rispettoso riconoscimento dei motivi, morali, umani, culturali, che hanno determinato il proprietario ad attribuire la cosa a un determinato soggetto, e non ad altri.

Un presupposto importante perché lo Stato possa acquistare il bene, è che si tratti di cosa notificata. Si è detto altre volte che il possesso di un bene d’interesse storico, artistico, archeologico, da parte di un privato, non comporta necessariamente l’assog­get­tamen­to della cosa alla legge di tutela. Solamente se la cosa sia stata “notificata” il proprietario sa­rà tenuto a una serie di obblighi e limitazioni: e tra queste di denunciare l’eventuale atto di cessione a terzi. La cosa può non esser stata notificata, o perché la sua esistenza non sia nota all’autorità, oppure perché essa non sia ritenuta di “importante” interesse storico-artistico. […]