Antichità senza provenienza Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 60 – novembre/dicembre 1996
pp. 76-78

di Sergio Rinaldi Tufi

Il patrimonio culturale italiano è in Europa il più colpito dal commercio clandestino
Lodevole iniziativa dell’Accademia americana di Roma dove studiosi e responsabili della tutela hanno messo il dito sulla piaga nell’ambito di un dibattito ora pubblicato dal “Bollettino d’Arte”

C’è voluta una certa dose di coraggio, da parte di tutti. Alla tavola rotonda organizzata presso l’Accademia americana di Roma su «Antichità senza provenienza. I siti distrutti, i recuperi, il nodo dei prestiti», hanno partecipato, accanto ai nostri studiosi e alle nostre autorità (con le loro svariate competenze), anche esperti e direttori di musei di grandi Paesi occidentali (Germania, Svizzera, Danimarca, oltre agli Stati Uniti “padroni di casa”). Ora, come allegato al «Bollettino d’Arte» (n. 89-90, Poligrafico dello Stato), sono usciti gli Atti, a cura di Paola Pelagatti e Malcom Bell: una sorta di messa a punto su un problema scottante e di difficile soluzione, quello del mercato clandestino dei reperti archeologici provenienti da varie regioni italiane (ma le aree privilegiate sono l’Etruria e l’Italia meridionale) e dei possibili rimedi.

Perché c’è voluto coraggio? Perché ormai da tempo (come si è detto nel corso dell’incontro, forse più nelle pause-caffè che nelle relazioni e negli interventi ufficiali) le organizzazioni malavitose che si occupano di questi traffici, e in qualche caso anche le vie percorse, sono le stesse che si possono ricostruire per commerci illeciti ancor più dirompenti, quelli di armi e di droga.

Esiste presso il Comando Carabinieri Tutela patrimonio artistico, come ha sottolineato il suo capo, il colonnello Roberto Conforti, «personale specializzato, profondo conoscitore dei mercati d’illecito, e dotato di una banca-dati delle opere d’arte rubate, di avanzata tecnologia informatica»; ma «tutto ciò non basta a contrastare la continua emorragia, soprattutto di reperti archeologici, che dall’Italia, attraverso articolati passaggi, raggiungono i grandi mercati europei e quindi gli Stati Uniti».

Qualcuno conosce, dunque, i gangli di questa rete clandestina: ma secondo lo stesso Conforti ciò non serve a molto, e in ogni caso, aggiungiamo noi, se ne parla poco. Anche nella tavola rotonda, infatti, si è parlato molto di più di tutto ciò che, rispetto a questa rete perversa, viene prima e dopo, e cioè di realtà di natura differente, anche se, ovviamente, altrettanto perverse: il momento dell’approvvigionamento e quello della destinazione finale. […]