Magico Oman, giardino d’acqua Conoscere il mondo arabo

Archeologia Viva n. 59 – settembre/ottobre 1996
pp. 64-73

di Judith Lange

In un paese arido come l’Oman la “cultura dell’acqua” ha consentito un razionale sfruttamento del suolo e lo sviluppo di rapporti economici e sociali complessi
Centro dell’intero sistema sono state le oasi servite dagli aflaj che ora il governo del ricco sultano vuole proteggere dalla logica distruttiva della modernizzazione

Nel sultanato dell’Oman si è appena concluso l’Anno del patrimonio culturale, un evento importante in un paese arabo dalla struttura moderna, produttore di petrolio, dove l’improvvisa ricchezza avrebbe potuto travolgere le antiche tradizioni: non certo quelle religiose, ma le memorie storiche, le antiche città, i monumenti e le oasi. Il relativo ritardo con cui l’Oman ha iniziato l’estrazione del petrolio, nel 1968 (per esempio, Iran e Iraq erano produttori dal 1908 e 1929), ha forse contribuito a una maggiore riflessione. Così, gli effetti negativi che possiamo incontrare altrove – convulsa e incontrollata crescita delle metropoli, sfruttamento del suolo senza preoccupazioni ecologiche, paesaggistiche, storiche… – sono stati evitati.

In Oman, guidato da venticinque anni dal sultano Qaboos bin Said, accanto al Ministero per i beni culturali funziona un Ministero per l’ambiente e la protezione delle risorse idriche, appunto per la preservazione delle acque, tanto preziose in un paese arido. Nelle vecchie mappe, il Paese, dalla forma di una spigolosa mezzaluna sull’estremo versante sudorientale della Penisola arabica, era disegnato come un grande “vuoto di terre”, popolato solo lungo l’immensa costa (quasi duemila chilometri) che guarda l’oceano Indiano.

Quanto agli antichi storiografi, l’Oman era conosciuto per tre elementi principali. Prima di tutto i porti, in particolare Sohar al nord e Sumhuram (Khor Rori) al sud, primo approdo delle navi cariche di merce preziosa provenienti dalla Cina e dall’India: un commercio marittimo che ha alimentato molte leggende, come quella di Sindbad il marinaio de Le mille e una notte originario dell’Oman. Poi c’erano le miniere di rame nelle montagne del nord, terra del misterioso “uomo di Magan”, già citate nelle tavolette d’argilla mesopotamiche del 2300 a.C. Ma la grande ricchezza era costituita dalla produzione e dal commercio dell’incenso, la resina raccolta dagli alberi della Boswellia e della Commiphora, nella regione del Dhofar, che faceva parte dell’antica Hadramaut, tra lo Yemen e l’Oman del sud.

Una delle regioni che maggiormente ha conservato le antiche tradizioni e che si lascia leggere tutt’oggi come un libro di storia a cielo aperto è quella del massiccio montuoso del Jebel Akhdar, all’interno della fascia costiera di Batinah, a ovest della capitale Muscat. Le cittadelle, le oasi e i villaggi di questi monti costituiscono, dall’epoca preislamica a oggi, il punto di riferimento sia per i beduini nomadi che per le popolazioni della costa, per i prodotti agricoli e per l’approvvigionamento dell’acqua, indispensabili sia agli uni che alle altre.

L’Islam penetra in Oman nel 630 d.C. (ottavo anno dell’Egira, due anni prima della morte del Profeta). Per un breve periodo (694-714) l’omayyade Yussuf ibn Hajjaj riesce a conquistare e incorporare le terre dell’Oman nel regno iracheno, ma già nel 751, durante il potere degli Abbasidi, l’Oman diventa nuovamente indipendente. Da allora, il potere – a eccezione di una breve parentesi persiana nel 1041 – rimarrà in mano agli imam Ibaditi, i capi religiosi appartenenti alle due grandi confederazioni tribali degli Hinawi e dei Ghafiri.

In origine gli Ibaditi si chiamavano Khawarij, che significa ‘separazione’, poiché all’epoca della scissione dell’Islam, che vide il duro conflitto per la successione tra i parenti del profeta Maometto, essi non parteggiarono per nessuna delle due parti, tanto che i musulmani omaniti ancora oggi non sono né sunniti né sciiti. La grande fioritura della dottrina khariginita (cioè degli Ibaditi) è particolarmente presente nella regione del Jebel Akhdar. In Occidente, l’insegnamento degli imam omaniti viene giudicato puritano, tuttavia bisogna sottolineare gli sforzi nell’interpretare, anche se con grande prudenza, l’Islam alla luce dei tempi; certamente non si tratta di un Islam integralista. […]