Egitto: così salvai i monumenti di File I grandi interventi per l’archeologia

Archeologia Viva n. 58 – luglio/agosto 1996
pp. 42-57

di Giovanni Ioppolo

Sono passati vent’anni e pochi ricordano la grandiosa operazione grazie a cui il santuario di Iside a File venne trasportato dall’isola originaria sulla vicina Agilkia per essere sottratto alle acque del Nilo
Fu un successo della sensibilità internazionale ma anche delle maestranze italiane ed egiziane che sotto la direzione dell’architetto Giovanni Ioppolo smontarono restaurarono e ricostruirono l’intero complesso monumentale

Il turista che risale il Nilo e da Luxor giunge ad Assuan per visitare il Santuario di Iside viene puntualmente informato dalle guide sulla colossale opera di spostamento di questo complesso cultuale, ma solo in parte può immaginare le difficoltà e l’impegno occorsi per documentare e smontare i monumenti dall’isola di File, restaurarli e ricostruirli in seguito sulla vicina isola di Agilkia.

La costruzione della prima diga di Assuan nel 1902 aveva, infatti, gravemente compromesso l’isola e i suoi templi: il Santuario di File, visibile per poco più di un mese all’anno, era costantemente sommerso dalle acque con conseguente grave danno all’insieme delle costruzioni e perdita del cromatismo delle pareti decorate. Già tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento gli inglesi H. G. Lyons e John Ball eseguirono lavori di restauro e protezione delle varie strutture per limitare i danni causati dall’azione delle acque.

Nel 1964, l’iniziativa di costruire un secondo sbarramento (la cosiddetta Grande Diga di Assuan) sette chilometri più a sud dell’isola di File portò alla programmata perdita dei fertili territori nubiani e al rischio di lasciare per sempre all’oblìo l’intero patrimonio storico di monumenti presenti da millenni lungo le sponde del Nilo.

Il problema trovò una soluzione grazie alle iniziative personali di Madame De Roche Noblecourt (all’epoca direttrice della sezione egiziana del Louvre) che riuscì a far varare il Programma per il salvataggio dei monumenti della Nubia. Il contributo economico dei paesi membri dell’Unesco permise di salvare numerose testimonianze dell’esteso territorio nubiano compreso tra Assuan e Abu Simbel (più di 400 km).

Tuttavia, l’isola di File con tutti i suoi millenari monumenti rimase esclusa da questa prima fase dei lavori a causa del completamento dell’Alta Diga dedicata a Nasser e rimase sommersa quasi completamente dall’invaso creatosi tra il vecchio e il nuovo sbarramento. L’importanza del complesso monumentale, già noto come Perla del Nilo, mèta di studiosi e turisti, ammirato nelle bellissime stampe del Roberts e ricordato per la struggente descrizione fatta da Pierre Loti nella sua opera letteraria Mort de Phile, portò a un ulteriore impegno dei paesi membri dell’Unesco che bandirono una gara internazionale per un progetto finalizzato al salvataggio dei monumenti di File.

Prevalse la soluzione offerta da un consorzio di progettisti egiziani, che proponeva lo smontaggio delle novantacinque strutture monumentali presenti nell’isola e la loro ricostruzione in una sede più elevata di 12,40 m, da ricavare con lo spianamento del vicino isolotto di Agilkia. L’appalto per l’esecuzione dei lavori fu affidato dall’Unesco nel 1974, tramite il Ministero egiziano della cultura, a due ditte italiane, la Condotte Acque di Roma e la Mazzi Estero di Verona, in seguito consociate nella Condotte-Mazzi Estero S.p.A. Le due ditte ebbero il compito di documentazione, smontaggio e restauro del complesso monumentale di File e del suo trasferimento e ricostruzione nella nuova sede dell’isola di Agilkia; a una terza ditta egiziana, la High Dam Company, quella che aveva realizzato l’Alta Diga di Assuan, fu assegnato il prosciugamento del sito monumentale originario e il compito di predisporre le fondazioni in cemento armato e il land-scaping, cioè la sistemazione finale, di Agilkia. Allo scrivente fu affidata la supervisione e la responsabilità di tutte le operazioni di competenza della consociata italiana. […]