Ercole e le miracolose acque d’Abruzzo Antichi culti italici

Archeologia Viva n. 58 – luglio/agosto 1996
pp. 34-41

di Attilio Mastrocinque

Il grande tempio di Sulmona e un altro importante luogo di culto recentemente scoperto presso Corfino attestano l’eccezionale popolarità di Ercole fra le antiche genti della regione come nume delle sorgenti e protettore di viandanti pastori e mercanti

Fra gli dèi venerati dalle antiche popolazioni sannitiche dell’Abruzzo Ercole era di gran lunga il più popolare. Nume delle sorgenti, protettore dei viandanti, pastori e mercanti, egli doveva certamente la sua popolarità al carattere dell’economia e della società di questa regione, caratterizzate da attività pastorali, dalla transumanza, dalla produzione di lana, latte, formaggi e carni. Il mito di Ercole che attraversa l’intera Penisola con la mandria dei buoi di Gerione, punendo tutti i briganti che tentano di assalirlo e derubarlo, era universalmente diffuso in Italia, a simboleggiare la fine della vita selvaggia e l’inizio della civiltà, la quale veniva imposta, forse anche in maniera rude e primitiva, dal forte eroe greco.

Nei musei archeologici dell’Abruzzo – soprattutto in quello di Chieti – e in molte collezioni di tutto il mondo si conservano centinaia di bronzetti raffiguranti Ercole con la clava e la pelle di leone, databili prevalentemente dal IV al I sec. a.C., provenienti da piccoli luoghi di culto disseminati lungo i percorsi dei pastori transumanti, che si spostavano periodicamente dal­l’Abruzzo meridionale verso la Puglia settentrionale, ove le città daune e le colonie latine acquistavano lana e altri prodotti dell’allevamento, mentre dall’Abruzzo settentrionale altri pastori si portavano verso la Sabina tiberina, verso Tivoli e il Lazio.

Sono molti i luoghi in cui, vicino alle sorgenti, fiorì il culto di Ercole: per esempio, a Casale di Cocullo (Aq), a Caramanico (Pe), a Fonte Coperta (presso Scanno – Aq), a Fontanelle (presso Molina Aterno – Aq), a Fonte S. Agata (presso Castelvecchio Subequo – Aq), alla Fonte S. Gregorio (presso Secinaro – Aq). Da Ercole si credeva derivasse non solo la floridezza degli allevamenti e la fortuna nei commerci, ma anche l’abbondanza di acque sorgive, indispensabili sia per gli allevatori che per i contadini e per gli abitanti dei villaggi. Grazie al suo intervento energico, le divinità e i demoni sotterranei venivano ammansiti e resi più bendisposti nei confronti degli uomini, di modo che a questi ultimi non mancasse l’acqua sorgiva e non fossero minacciati da vari malanni provenienti dal mondo del sottosuolo. Le frequenti scene di lotta con i demoni acquatici o le semplici raffigurazioni di Ercole alla sorgente testimoniano il successo delle fatiche dell’eroe coronato dal riposo e dal fluire pacifico delle acque.

Fra i luoghi più illustri del culto di Ercole in Abruzzo è certamente da ricordare il tempio di Ercole Curino a Sulmona (Aq), fiorito tra il I sec. a.C. (probabilmente su un luogo di culto precedente) e la prima metà del II sec. d.C. Esso si trova sulle pendici del monte Morrone, immerso in un’atmosfera di religioso mistero, vicino all’eremo di papa Celestino V (1215-1296), sotto la grotta di S. Onofrio, riconsacrata da Pietro Angelario che la scelse come luogo di penitenza. Ai margini stessi del santuario d’età romana si sono rinvenuti i resti di un’antica chiesetta, testimonianza del perdurare della sacralità del luogo.

Prima di ogni santo cristiano, proprio lì era stato venerato l’eroe pagano benefattore del­l’umanità, ma del suo culto ci si era dimenticati fino a quando, nel 1957, in occasione del bimillenario della nascita di Ovidio, poeta di Sulmona, si intraprese lo scavo di quella che la tradizione popolare e dotta voleva essere la villa del poeta (le potéche d’Uìddie, cioè le ‘botteghe di Ovidio’), e così la delusione di chi cercava le vestigia ovidiane fu compensata dal ritrovamento dei resti di un grandioso tempio di foggia tipicamente tardorepubblicana, con due grandi terrazzamenti.
Una canalizzazione portava l’acqua al santuario da una vicina sorgente, evidentemente sacra al nume di Ercole, al quale era consacrato un piccolo edificio cultuale di cui resta un notevole pavimento a mosaico del I sec. a.C. con motivi a onde, delfini, mura merlate e un fascio di fulmini, nonché parte della decorazione pittorica parietale.

Davanti al sacello si rinvenne una pregevole ara rivestita di lastre bronzee, mentre all’interno furono ritrovate due immagini del dio: una in bronzo, d’età augustea, che lo raffigura secondo lo schema lisippeo dell’Ercole in riposo, l’altra in marmo nello schema dell’Ercole sdraiato, di I sec. a.C. Per consolazione dei lettori di Ovidio, si sono rinvenuti anche dei versi a lui attribuiti, incisi su una colonnina, ma purtroppo quasi illeggibili. […]