La Gioconda nella valle dell’Arno Sulle orme di Leonardo da Vinci

Archeologia Viva n. 57 – maggio/giugno 1996
pp. 40-51

di Carlo Starnazzi

Alle spalle del ritratto più famoso del mondo non è rappresentato un paesaggio fantastico ma un preciso punto della terra toscana: là dove l’Arno supera la campagna d’Arezzo passa sotto le medievali arcate di Ponte a Buriano e riceve le acque della Val di Chiana

Era l’ultimo anno del secolo, esattamente il 1499, quando Luigi XII, re di Francia, conquistò il Ducato di Milano, ponendo fine alla signoria di Ludovico il Moro. Leonardo, dopo la fuga del Duca, si allontanò da Milano con l’amico e maestro Luca Pacioli e raggiunse Mantova dove, ospite della marchesa Isabella, ne eseguì il ritratto a carbone. Nel marzo del 1500 si trasferì a Venezia. La città era ancora turbata per la sconfitta subita l’anno precedente a Lepanto (nelle stesse acque della successiva e più famosa battaglia) e per le incursioni dei Turchi che, incoraggiati dai successi, si erano spinti fino alle terre del Friuli. Toccò a Leonardo progettare degli sbarramenti lungo il corso dell’Isonzo che consentissero di allagare il territorio per fermare l’avanzata degli invasori.

Ma, all’improvviso, l’artista, ormai celebre anche per l’Ultima Cena, fece ritorno a Firenze. Qui, nel 1501, ospite dei Serviti, disegnò il primo cartone della Sant’Anna. La situazione politica fiorentina e l’antagonismo insorto tra gli artisti lo resero comunque insofferente del nuovo ambiente, per cui, contattato dal duca Valentino, dette immediatamente la sua disponibilità. Alla fine di maggio del 1502 si trovava a Piombino, già conquistata dal Duca, città portuale considerata strategica sul piano politico e militare, con l’incarico di ispezionarne le fortezze fino a Populonia.

Cesare Borgia appariva l’uomo giusto del momento, audace e spregiudicato, deciso a realizzare un forte stato nell’Italia centrale, e capace più del Moro di apprezzare le molteplici capacità di Leonardo, come le sue conoscenze tecniche di «architecto et ingegnero». Fu un momento in cui l’attività del topografo e dell’ingegnere militare sembrò prendere il sopravvento sull’artista, ma è vero che questa breve stagione fu vissuta così intensamente da Leonardo da determinare una svolta grandiosa nell’evoluzione del suo inconfondibile linguaggio paesaggistico.

Il 21 giugno del 1502 il Valentino, in piena fase di attuazione del suo ambizioso progetto politico, si trovava già signore dello stato di Urbino e invitava Leonardo a raggiungerlo. L’artista seguì un itinerario ben preciso, non solo per la maggiore brevità del percorso, ma anche per ragioni di sicurezza personale. Partendo dalla costa si diresse a Siena, dove era signore Pandolfo Petrucci, alleato del Valentino, e qui con interesse esaminò l’ordigno dell’orologio della torre del Mangia. Poi, come risulta da una sua stessa annotazione (Windsor, RL 12682 r), proseguendo per l’antica via dei mercanti giunse a Lucignano e Foiano, in Val di Chiana. Leonardo non perde tempo e durante gli spostamenti realizza schizzi e disegni topografici, poiché si vuole impadronire, con l’osservazione, di un territorio destinato a diventare ben presto terra del Valentino. Quindi, continuando per l’antica via Cassia (la Cassia vetus) che costeggiava la palude della Val di Chiana, si diresse direttamente ad Arezzo, già in mano alle truppe borgiane comandate da Vitellozzo Vitelli.

Arezzo stava vivendo un periodo di alta tensione politica, poiché il 4 giugno si era ribellata al dominio della Repubblica fiorentina, inseguendo una grande utopia di libertà. Fra giugno e luglio il destino della città si giocò sotto la regia di Vitellozzo Vitelli, giunto il 7 giugno con 3500 uomini, fra cui mille archibugieri a cavallo, una nuova foggia militare da lui stesso ideata. In pochi giorni, aiutato da Giampaolo Baglioni e Piero de’ Medici, il Vitelli ebbe il sopravvento sulla città (18 giugno) e costrinse gli stessi fiorentini che si erano rifugiati nella cittadella e nel castello di Quarata a oltrepassare l’Arno a Ponte a Buriano e ad asserragliarsi dentro le mura di Laterina. Nel frattempo Vitellozzo, acquartierandosi prima a Rondine e poi a Quarata, conquistava tutte le località della Val di Chiana poco distanti da Arezzo come Civitella, Monte San Savino, Foiano, Marciano e, riunite le truppe al Bastardo, incendiò anche il castello di Battifolle (18 luglio). Ma il Valentino, ricevuti una grossa somma di denaro da Firenze e un preciso ordine dal re di Francia, intimò al suo condottiero di abbandonare Arezzo e restituire tutte le terre conquistate. Il 28 luglio Vitellozzo partì con tutto l’esercito, lasciando indifesa la città sgomenta. Qualche giorno dopo, il 30 luglio, Leonardo era già a Urbino. […]