Ecco il tesoro di Schliemann I grendi eventi dell’archeologia

Archeologia Viva n. 57 – maggio/giugno 1996
pp. 22-29

di Vladimir Tolstikov

Non sembra vero: il “tesoro di Troia” ritrovato da Heinrich Schliemann durante gli scavi alla ricerca dell’antica Ilio si può visitare nella storica esposizione allestita al Museo Puskin di Mosca!
Un tesoro che l’archeologo tedesco attribuì erroneamente alla Troia omerica i cui resti egli invece finì per cancellare nella sua ossessiva esplorazione “illuminata” dai canti dell’Iliade e dell’Odissea

Proprio all’ingresso dello stretto dei Dardanelli, dove il mar Egeo comunica con il mar Nero, a circa cinque chilometri dalla costa, nella valle dei fiumi Menderes e Dumrek, sorge una collina alta 40 metri le cui dimensioni in pianta non superano 200 metri per 150. Questa altura, in apparenza insignificante, è nominata in tutti i libri di storia antica e di archeologia d’Europa: è la collina di Hissarlik (in turco ‘castello minore’). Secondo la maggior parte degli studiosi contemporanei, nelle sue viscere riposano i resti della leggendaria Troia-Ilio, antica rocca cantata nei due maggiori poemi epici della civiltà europea, l’Iliade e l’Odissea.

La base e il nucleo della collina sono costituiti da roccia madre attorno alla quale, nel corso dei millenni, si è formato un enorme spessore di strati archeologici. In esso sono stati individuati i resti di almeno nove insediamenti fortificati la cui storia può essere suddivisa in quarantatré fasi a partire dalla prima età del Bronzo fino all’età tardoantica. Questo monumento archeologico, secondo la scienza contemporanea, può quindi essere considerato un tell o tepe (insediamento stratificato).

La sorte ha voluto che il nome di Hissarlik sia rimasto strettamente legato a quello di Heinrich Schliemann. Già nel dicembre 1868 il ricercatore tedesco decise di scavare la collina. Egli aveva un’idea molto vaga di come si facevano gli scavi, ma, credendo a ogni parola di Omero «come fosse vangelo», era convinto che le rovine della Troia omerica fossero talmente antiche da dover essere cercate alla base del tell, direttamente a contatto con la roccia madre.

Schliemann decise di tagliare il corpo dell’altura con trincee lunghe più di 40 metri e larghe fino a 17 per arrivare il più presto possibile alla base. Questa decisione ebbe conseguenze fatali: nel corso dei lavori di sterro, fatti in fretta e senza la debita registrazione dei reperti, furono distrutti ampi settori degli strati archeologici e resti di edifici sovrastanti al livello che più tardi, dopo la morte di Schliemann, fu definito come Troia II (2500-2200 a.C.). Tra le costruzioni distrutte vi furono anche quelle di Troia VI e Troia VII datate rispettivamente 1700-1250 e 1250-1180 a.C., le quali, a parere della maggior parte degli esperti contemporanei, possono considerarsi i resti della Ilio di Omero.

A onore di Schliemann va notato che questi, mentre in un primo momento non accettava obiezioni contro la sua tesi per cui Troia II fosse la città di Omero, più tardi ammise di essersi tragicamente sbagliato. 
Così, il 17 giugno 1873, ultimo giorno degli scavi, scrisse con amarezza: «A causa della mia vecchia idea errata di prima, che collocava Troia esclusivamente sulla roccia madre e vicino a essa, io, purtroppo, nel 1871 e nel 1872 ho distrutto una gran parte dell’insediamento. […] Troia si trova non sulla roccia viva, ma a una profondità che va da 7 a 10 metri».

Dunque, superate le innumerevoli difficoltà burocratiche ed espletate le formalità del caso, Schliemann ottenne un firmam che lo autorizzava a procedere agli scavi con la condizione che la metà dei reperti andasse al nuovo Museo archeologico di Istanbul. 
Finalmente, l’11 ottobre 1871, Schliemann poté avviare i lavori: cominciava la prima campagna archeologica di Hissarlik, protratta per tre stagioni e terminata il 17 giugno 1873. Schliemann continuò gli scavi di Troia nel 1878 nel 1879 , nel 1882 e nel 1890.

Un interesse straordinario ebbero i risultati della prima campagna, nel corso della quale fu riportato alla luce un gruppo di oggetti di valore unico, definito da Schliemann “Tesoro” oppure “Oro di Priamo”, oltre a una serie di reperti minori. Furono importanti anche i risultati dell’ultima campagna di scavi, quella del 1890, quando venne scoperto il Tesoro L (va ricordato che la denominazione dei “tesori” con le lettere latine da A a R fu adottata dopo la morte di Schliemann, nel 1902, dallo studioso tedesco Hubert Schmidt, autore del primo e finora unico catalogo di questi oggetti). 
In tutto Schliemann aveva rinvenuto diciannove cosiddetti “tesori” comprendenti nell’insieme circa diecimila unità. […]