Dal privato allo Stato Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 55 – gennaio/febbraio 1996
pp. 84-85

di Stefano Benini

Prosegue il dibattito sul diritto dei privati al possesso dei beni archeologici sulla base di alcune sentenze della cassazione e di un estemporaneo disegno di legge

Il tema del possesso privato di beni archeologici (riprendo l’argomento già svolto in AV n. 44, Reperti sul comò), viene oggi ad arricchirsi di un’ulteriore pronuncia giurisprudenziale, questa volta forse decisiva.
Si è avuto modo di osservare che in materia regna notevole incertezza, sia per la normativa, che risalendo al 1939 (legge n. 1089) è ormai inadeguata e presta il fianco a interpretazioni spesso aberranti, sia perché il patrimonio storico-artistico, che pure grande importanza riveste nella vita culturale ed economica del paese, non sembra aver ricevuto sufficiente considerazione da parte dei cultori del diritto.

Niente di paragonabile, tanto per richiamarsi a una materia attigua, alla grande mole di studi sulla tutela dell’ambiente naturale, in cui l’impulso all’elaborazione teorica è stato in qualche modo indotto dall’attenzione della generalità ai problemi della salute e dell’habitat. La materia dei beni culturali è per tradizione elitaria e appare ai più ammantata da una patina antiquaria, richiamando alla mente il mondo polveroso e stantio dei musei e delle biblioteche.
Indubbiamente il tema del possesso di oggetti archeologici è un tema che guarda solo una minoranza di cittadini. E l’incertezza sulla liceità o meno di tale possesso è ingenerata da pronunce giurisprudenziali tutt’altro che univoche. […]