Giù le mani dagli alti fondali Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 54 – novembre/dicembre 1995
pp. 72-73

di Angelita La Spada

Una convenzione internazionale inserisce la ricerca archeologica sulla piattaforma continentale fra i diritti dello Stato rivierasco

Il mondo del silenzio è divenuto molto loquace. I fondali marini nascondono oltre alle loro ricchezze zoologiche e minerarie, un patrimonio archeologico fino a qualche tempo fa inaccessibile e che pone un nuovo problema al diritto del mare. Gli scavi archeologici sottomarini rispondono alla preoccupazione culturale, inseparabile dallo sviluppo sociale ed economico, che è una delle caratteristiche della nostra epoca. I problemi avanzati sono molto significativi, da un lato vi sono i rapporti esistenti fra lo sviluppo della tecnica e il diritto, dall’altro il vincolo fra ricerca scientifica e sfruttamento economico. Più l’uomo si immerge sotto le acque, più rischia di scoprire nuove ricchezze archeologiche che minaccia di distruzione. Tale possibilità e simile minaccia impongono una regolamentazione che interessi le grandi profondità.

Gli autori che rivolgono la loro attenzione all’evoluzione della gestione dei fondi marini e, pertanto, alla creazione di un nuovo diritto del mare, ritengono che il primo punto di partenza risalga al 17 luglio 1967, quando la delegazione maltese presso le Nazioni Unite chiese di iscrivere una nuova questione all’ordine del giorno dell’Assemblea generale. In quella sede si inoltrò la richiesta di elaborare una dichiarazione e un trattato relativi a un’utilizzazione esclusivamente a fini pacifici dei fondali marini e oceanici, a di là dei limiti della giurisdizione nazionale e per lo sfruttamento delle loro risorse nell’interesse dell’umanità.

Il secondo punto di partenza, viene ricondotto all’episodio dell’1 novembre 1967, allorché l’ambasciatore maltese Arvid Pardo avanzò una proposta che esprimeva il sentimento e l’esigenza di un vasto movimento di opinione sviluppatosi in alcuni circoli internazionali. Secondo il parere del diplomatico, ci sarebbe un maggior numero di oggetti di interesse archeologico sul fondo del mare Mediterraneo che in tutti i musei di Grecia, Italia, Spagna e Francia riuniti. […]