Un triclinio per Afrodite Ultime scoperte in Sicilia

Archeologia Viva n. 52 – luglio/agosto 1995
pp. 26-32

di Giovanni Di Stefano

Quell’autentica miniera archeologica che sono le acque di Camarina ha restituito una serie di oggetti destinati alla sala da pranzo di una ricca casa romana fra cui una statuetta della più bella fra le divinità elleniche

Una statuetta e un intero servizio di vasellame da mensa in bronzo, probabilmente destinati a un triclino, costituiscono l’ultima straordinaria scoperta archeologica nelle acque di Camarina, in provincia di Ragusa. Si tratta di un’Afrodite, di vasa escaria (da portata) e vasa potoria (per liquidi). Ma sono stati ritrovati anche altri oggetti di arredamento, come i resti di un piccolo solium, cioè uno sgabello o panchetta, di un tripode, di alcuni klinai (letti da banchetto), e di sostegni per mobili.

La nave che ha restituito questi pezzi, probabilmente alla fonda nell’avamporto della città, prima greca e poi romana, di Camarina (vedi AV n. 45), dovette essere sorpresa da una burrasca da occidente che ne provocò l’affondamento fra il I e il II sec. d.C. Infatti, se il promontorio stesso della città e l’antemurale (un’opera di ingegneria portuale consistente in un muraglione lungo 300 metri, oggi sommerso) costituivano le migliori difese di levante dell’antico porto-canale, il tratto di mare che ha restituito il relitto rimaneva vulnerabile sul lato opposto. Il destino ha voluto che un gioco di correnti marine di ponente, provocate dalle modifiche che la costa sta subendo con la costruzione del nuovo porto di Scoglitti, mettesse in luce alla fine dell’estate del 1994 i resti di questo nuovo naufragio.

Il carico è stato avvistato dal signor Umberto Bufardeci, mentre i primi controlli subacquei e le prime esplorazioni dei fondali, dirette dal Museo regionale di Camarina, sono state effettuate dalla Cooperativa Aquarius sotto la guida di Alice freschi.
Le indagini hanno confermato che il relitto giace in acque poco profonde, a poche decine di metri dalla spiaggia; inabissato su un fondale sabbioso al di sotto dello spesso strato dei detriti della foce del fiume Ippari che negli ultimi secoli si sono accumulati nell’area provocando un rialzamento dell’antico fondale di almeno tre metri. […]