Archeologia Viva n. 52 – luglio/agosto 1995
di Piero Pruneti
Non so quanti dei nostri Lettori hanno già visitato Cartagine. Dico “già”, perché il luogo di Cartagine – in particolare la collina di Byrsa, con vista sulla baia di Tunisi evocatrice di antichi rapporti con mare – appartiene alle mete obbligate della vita: troppo grande è stato il nome di questa città e troppo vicina alla realtà è stata l’ipotesi che l’impero romano abortisse nel nascere per la forza irresistibile della “Grande Rivale”. Quante volte ci siamo chiesti cosa sarebbe stato del mondo se Annibale dopo la battaglia di Canne avesse attaccato Roma, ormai priva di difesa. Ovviamente valse la regola che chi non sa usare la vittoria è destinato a perdere e così avemmo il mare nostrum.
È una sensazione strana visitare Cartagine. La città non è certo una Pompei, chiara e suggestiva nel suo stesso messaggio urbanistico. Cartagine è stata distrutta e ricostruita più volte e alla fine i luoghi della memoria sono finiti accerchiati dalle residenze moderne. Eppure quello che rimane – che non è comunque poco: il colle dell’acropoli, la superba area termale, il disegno del porto… – suscita in noi l’emozione fortissima dei luoghi che, come si dice, “hanno fatto la storia”. E non dimentichiamo che la città, una volta annientata come capitale della civiltà punica, visse altri secoli da protagonista commerciale e culturale della costa africana – parlano chiaro in proposito i mosaici del Museo bardo, capaci di lasciare a bocca aperta i più consumati esperti di romanità – fino a divenire uno dei centri irradiatori del cristianesimo e fino ancora all’arrivo, questa volta senza appello, degli eserciti di Maometto. Per entrare in questa vicenda “cardine” nei destini del mondo occidentale vi propongo l’articolo redatto per Archeologia Viva da Abdelmajid Ennabli, che si può considerare l’erede di tanto passato essendo il direttore del museo e delle rovine di Cartagine. Ennabli sta lavorando per dare un parco archeologico a questa regina della storia. Dopo la lettura sarà più facile stargli vicino della difficile opera iniziata.
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”