Trent’anni di Ebla Alle origini della civiltà urbana

Archeologia Viva n. 50 – marzo/aprile 1995
pp. 36-45

di Paolo Matthiae

Il nome di Ebla è entrato nelle grandi vicende dell’archeologia grazie alle ricerche italiane che hanno recuperato l’antica città dimenticata della Siria settentrionale alla propria straordinaria e insospettata dimensione storica
La trentennale ricorrenza dell’inizio delle indagini viene celebrata con una mostra a Roma

Il nome di Ebla è entrato nella storia dell’archeologia di questo secolo con la scoperta delle migliaia di testi cuneiformi degli Archivi reali del 2300 a.C. avvenuta nel 1975, quando la stampa internazionale diede il più ampio risalto al ritrovamento italiano, definito immediatamente uno dei maggiori del secolo. Allora la Missione archeologica in Siria dell’Università “La Sapienza” di Roma operava già da dieci anni sul sito di Tell Merdikh, 60 chilometri a sud di Aleppo, che ricopre le rovine dell’antica Ebla e che è oggi una delle mete obbligate e più suggestive del sempre crescente turismo in Siria, Paese di incredibile fascino in cui alla varietà degli ambienti naturali si unisce l’attrazione di spettacolari rovine preclassiche, romane, bizantine e medievali con pochi paragoni in tutta l’area mediterranea.

I successivi vent’anni di scavi trascorsi da quei lontani giorni dell’ottobre 1975 hanno prodotto un’ininterrotta catena di nuove scoperte, le cui tappe sono state scandite dallo scavo di alcune tombe della necropoli reale dell’età di Hammurabi di Babilonia (XIX-XVII sec. a.C.), dall’individuazione dell’amplissimo Palazzo occidentale, residenza del principe ereditario dello stesso periodo, dal ritrovamento degli splendidi avori egittizzanti e della statuaria regale degli anni attorno al 1700 a.C., dal rinvenimento dei preziosi intarsi figurativi protosiriani dello Stendardo trionfale, dalla messa in luce del grande Palazzo settentrionale di funzione cerimoniale e, infine, negli ultimissimi anni dello scavo della monumentale Area sacra della dea Ishtar. […]