Il fiume ritrovato di Aquileia Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 49 – gennaio/febbraio 1995
pp. 74-75

di Paolo Paronuzzi

Un progetto di ricerche sta dando risposta all’appassionante quesito della identificazione dei corsi d’acqua che nell’antichità assicurarono la sopravvivenza della colonia romana

È stato recentemente individuato nel sottosuolo di Aquileia (Ud), a breve distanza dal porto fluviale romano, l’alveo sepolto del grande fiume menzionato in diverse circostanze dalle fonti storiche come Natiso o “Natisone”.

La campagna di sondaggi eseguita nella primavera di quest’anno al’estremità settentrionale del perimetro urbano di Aquileia dalla Soprintendenza per i beni culturali del Friuli-Venezia Giulia ha infatti consentito di acquisire dati geoarcheologici del tutto nuovi, determinanti per la ricostruzione della situazione paleo-idrografica del grande centro romano dedotto nel 181 a.C. nella bassa pianura friulana orientale.

Le indagini, costituite da tredici perforazioni a carotaggio continuo condotte sino alla profondità di 15 metri dal piano campagna, rappresentano uno degli esiti più significativi del programma di ricerca SarA (Subacquea archeologica romana Aquileia). Tale programma è stato messo a punto da un gruppo di lavoro coordinato da un gruppo di lavoro coordinato da Franca Maselli Scotti, direttore del Museo archeologico nazionale di Aquileia, Luigi Fozzati, funzionario del Servizio tecnico per l’archeologia subacquea, e dallo scrivente.

Il progetto, finalizzato alla ricostruzione dell’antica idrografica della pianura aquileiese, vede coinvolti esperti di estrazione diversa per l’analisi integrata degli aspetti geologici, geomorfologici e archeologici riguardanti un’area di frontiera particolarmente complessa a causa delle intricate vicissitudini paleoambientali e storiche che si sono sovrapposte nel tempo.
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