I Mori a San Vito Scoperte subacquee in Sicilia

Archeologia Viva n. 34 – dicembre 1992
pp. 24-33

di Gianfranco Purpura

Fra Trapani e Castellammare sulla costa antistante il celebre santuario-fortezza di San Vito Lo Capo sono state recuperate armi armature e munizioni relative al naufragio di imbarcazioni cinquecentesche probabilmente affondate in uno scontro fra Spagnoli e Barbareschi. L’esito del combattimento favorì la formazione del nucleo abitato…

Nel giugno del 1988 la Guardia di Finanza di S. Vito individuava, a circa un centinaio di metri dalla spiaggia e alla profondità di tre metri e mezzo, alcuni reperti ferrosi che fuoriuscivano dalla sabbia del fondo. Il recupero, disposto di concerto con la Soprintendenza, rivelava i resti del naufragio di una o più imbarcazioni del 1500, ricolme di armi.

In questa occasione i subacquei portavano a riva un grosso cannone di ferro, ancora chiuso dall’opercolo di sughero utilizzato per proteggere l’arma dalle intemperie, e undici cannoncini, rinforzati da sei cerchi in ferro (petriere da mascolo), dotati di forcella e un’impugnatura posteriore. Otto di esse presentavano il mascolo inserito e bloccato dai cunei, indicando che le armi erano pronte per il combattimento.

Venivano anche ritrovati cinque mascoli appartenenti alle medesime armi, oltre a cinque archibugi, uno spadino spezzato con elsa in argento raffigurante a sbalzo un pegaso, un pugnale con fodero, una grossa concrezione inglobante numerose palle di ferro, originariamente contenute in un barile o bugliolo del quale restavano evidenti le tracce delle doghe lignee. Alcune costituivano le munizioni del grosso cannone, altre le palle delle petriere, altre ancora pallottole degli archibugi. Ma vi erano anche alcune palle il cui diametro non si adattava ad alcuna delle armi recuperate.
In piombo erano i proiettili di armi di minor calibro. Una palla incatenata era evidentemente utilizzata per distruggere la velatura delle imbarcazioni avversarie e ridurne la manovrabilità.

Dello scafo sommerso veniva individuato un tratto del paramezzale, lungo otto metri e largo ottanta centimetri e una cerniera di ferro ruotante intorno a un perno. Potrebbe trattarsi di una delle bande di ferro, poggianti sulla superficie (miccia) dell’organo di governo.

Qualche asta munita di appoggio potrebbe essere stata utilizzata come sostegno degli archibugi, ma è difficile interpretare i numerosi ammassi concrezionati senza la realizzazione di adeguate radiografie. Purtroppo i reperti recuperati sono rimasti a lungo in un magazzino del Baglio Anselmi di Marsala senza essere sottoposti ad alcun trattamento. […]