Fondali in diretta Archeologia subacquea

Archeologia Viva n. 29 – maggio 1992
pp. 90-93

di Luigi Totaro

È necessario un cambiamento della mentalità perché i subacquei considerino il reperto non più un arredo da salotto ma un “fossile-guida” prezioso e insostituibile per la ricerca scientifica

Intanto prosegue a Pianosa il progetto della conservazione integrale di un giacimento archeologico sottomarino con l’esperimento di un sistema di monitoraggio fisso

Durante lo scorso Salone Internazionale della Nautica di Genova si è tenuta una tavola rotonda, coordinata dal Soprintendente Archeologo della Toscana, Francesco Nicosia, su “Turismo nautico e archeologia subacquea”, dove si è di nuovo posto all’attenzione il problema dell’individuazione, della segnalazione e della tutela dei siti archeologici, e di quelli subacquei in particolare.

Per restare a questi ultimi, la casualità dei ritrovamenti, per lo più dovuti alla curiosità, all’attenzione e alla fortuna di subacquei dilettanti, il ritardo “fisiologico”, anche in caso di segnalazione tempestiva, nell’intervento delle Soprintendenze e la difficoltà obiettiva di produrre sistemi protettivi creano il rischio di asportazioni clandestine, di dispersione o perdita di reperti che il mare aveva conservato assai bene per centinaia d’anni.

E si può utilmente incentivare la rapidità delle segnalazioni corrispondendo dei premi di rinvenimento dignitosi se non allettanti – e Nicosia ha detto che già da tempo lo sono –, la possibilità di una tutela efficiente – come ha rilevato con consenso unanime l’archeologo Edoardo Riccardi – resta affidata all’educazione dei potenziali scopritori e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica a considerare patrimonio culturale – ma anche proprietà – di tutti le testimonianze della cultura e della storia  del passato. […]