L’itinerario archeologico subacqueo di Ustica Una importante iniziativa pilota

Archeologia Viva n. 29 – maggio 1992
pp. 44-55

di Gianfranco Purpura, Alessandro Fioravanti, Edoardo Riccardi e Piero Pruneti

Nell’isola di Ustica è possibile vivere una singolare esperienza consistente nella visita di un percorso archeologico subacqueo

I reperti sono stati lasciati nell’originale giacitura di rinvenimento e dotati di cartelli esplicativi evitando la loro rimozione dai fondali che per secoli li hanno custoditi

Due isole sono segnalate nelle fonti antiche presso la costa nord occidentale della Sicilia, dinnanzi agli antichi centri di Solunto e Paropo: Ustica e Osteodes.

La prima prenderebbe la sua denominazione al colore scuro della terra bruciata che la caratterizzava, la seconda dal biancore di ossa calcinate dal sole. Diodoro (V, 11, 1) narra che, nel corso di una guerra con i Siracusani, ivi i Cartaginesi avrebbero abbandonato seimila mercenari ribelli, le cui ossa, rimaste a biancheggiare nel sito avrebbero dato la denominazione all’isolotto.

È stato sostenuto che l’isola della terra bruciata e l’isola delle ossa sarebbero state in realtà un’unica località. Ma a Ustica difficilmente i mercenari cartaginesi sarebbero morti di fame e di sete. L’isola era tanto vasta da consentire la sopravvivenza di alcuni di loro, anche se stentata.

Si nota poi che la duplicità di luoghi appare soprattutto nelle fonti più antiche, ma cessa intorno al II sec. d.C. Sembrerebbe dunque preferibile ritenere che le due denominazioni indicassero due diversi siti e che il più piccolo sia scomparso in seguito a un fenomeno sismico e all’erosione marina.

Nell’acqua cristallina di Punta Gavazzi a Ustica, nella quale aleggia il fascino di questa storia, una vistosa boa arancione, galleggiante sulla superficie del mare, indica l’inizio di un percorso subacqueo che consente di osservare nell’originario luogo di rinvenimento una decina di reperti archeologici, disseminati in un raggio di circa 300 m sul fondo marino ancora incontaminato di questa splendida isola mediterranea.

Seguendo la bianca cima di nylon si giunge a una profondità di diciassette metri, in prossimità di un bel ceppo plumbeo di un’ancora romana, incastrato ancora nel fondo. L’attrezzo, non solo è segnalato da un galleggiante, sollevato di qualche metro dal fondale, ma è anche evidenziato da una tabellina esplicativa in plastica. […]