Un futuro per la Sfinge I grandi monumenti dell'Egitto antico

Archeologia Viva n. 28 – aprile 1992
pp. 10-23

di Zahi Hawass e Alberto Siliotti

Sepolto in passato dal deserto e minacciato oggi dall’umidità e dall’inquinamento atmosferico il celebre monumento è finalmente oggetto di una serie di interventi mirati che ne dovrebbero assicurare la sopravvivenza

Intanto nell’area di Giza sono tornate alla luce preziose testimonianze del tempo delle piramidi

La Sfinge e le nuove scoperte avvenute recentemente nella zona delle piramidi di Giza sono state oggetto di numerosi articoli su quotidiani e settimanali, nei quali spesso si mescolavano notizie completamente infondate, come «la Sfinge ha novemila anni» ad altre esageratamente catastrofiche «la Sfinge è in gravissimo pericolo», e verità presentate talvolta in maniera alquanto imprecisa.

Questo panorama confuso ci ha convinto della necessità di fare il punto della situazione per dare ai lettori un panorama il più completo e aggiornato possibile sia degli interventi di restauro sia dei ritrovamenti avvenuti durante gli scavi in atto, con notizie di prima mano sorrette da un accurato sopralluogo.

Il taxi che mi porta dal Cairo alle piramidi avanza a stento tra camion, macchine, autobus e carretti: alle sette del mattino il traffico di questa megalopoli di oltre dodici milioni di abitanti è già infernale.
Il cielo è grigio, ricoperto da uno spesso strato di nuvole, invisibile e una pioggerellina, che non è vera pioggia ma solo condensa dell’umidità dell’aria, bagna per qualche minuto i vetri della macchina. Dopo quasi tre quarti d’ora arrivo alle piramidi che emergono dalla foschia, anch’esse ormai lattiginose come quel cielo che una volta era blu.

Le piramidi, simbolo solare per eccellenza, sono legate nel nostro inconscio all’idea di deserto, di sole, di nitore… Ora è meglio lasciare tutto ciò nel mondo dei ricordi, impressi nelle menti – e nel cuore – di quelli che hanno potuto visitare l’Egitto negli anni passati o nel mondo ideale della immagini che ci fanno vedere i documentari, i libri illustrati e gli articoli delle riviste (per scattare le foto di questo articolo ci sono voluti circa dieci giorni): immagini che sono tanto più belle e apprezzate quanto più sono discoste dalla realtà.

La realtà è ben diversa: le piramidi di Giza sono braccate dalle costruzioni di una città smisurata che è avanzata fino a poche centinaia di metri dalla zona archeologica, e sono perennemente avvolte da una specie di foschia, da un velo di umidità insalubre – vapore acqueo avvelenato dalle esalazioni di milioni di tubi di scappamento – che, solo nelle ore centrali della giornata, riesce a essere dissipato dai raggi di un sole pallido e ormai smarrito.

Un tempo questo sole era Ra, il signore dell’orizzonte, era Khepri «venuto all’esistenza da solo» nel suo apparire mattutino, era Atum nel momento del tramonto: tutto ciò accadeva più di 4500 anni fa, quando, all’epoca della IV Dinastia, gli antichi egizi costruirono le grandi piramidi di Giza e scolpirono nella roccia quella celebre Sfinge che ancora oggi fa sognare gli uomini del Terzo Millennio. […]