Portus cosanus Italia archeologica da salvare

Archeologia Viva n. 27 – marzo 1992
pp. 36-51

di Igor Righetti

Sul promontorio roccioso di Ansedonia in un paesaggio di rara bellezza della laguna di Orbetello i Romani fondarono la colonia di Cosa a presidio del territorio di Vulci

Importante fu anche il porto in buona posizione sulle principali rotte tirreniche del quale ci rimane l’imponente opera idraulica della Tagliata

L’Ager cosanus è stato oggetto di numerose ricognizioni fin dal secolo scorso. Successivi scavi e indagini hanno fornito una precisa interpretazione del territorio di Cosa, delimitato dai fiumi Albenga ed Elsa e dal torrente Tafone, per una vastità di circa 600 kmq, pari a 60 mila ettari: una dimensione molto superiore a quella media delle colonie latine del periodo, che era di circa 120 kmq.

Molte delle attuali conoscenze si devono a Frank Edward Brown, dell’Accademia Americana di Roma, che effettuò indagini sui resti archeologici della città e del porto. L’Ager Cosanus è stato, quindi, oggetto di studio negli ultimi anni, tra gli altri, di Andrea Carandini, Mariagrazia Celuzza, Edina Regoli.

La località, tanto favorita dal punto di vista climatico e geografico per le vaste aree pianeggianti, le dolci colline e la disposizione costiera, ha conservato tracce delle popolazioni che l’hanno abitata nel tempo, anche di quelle più antiche.

Sono del periodo Musteriano (circa 60 mila anni fa) alcuni manufatti ritrovati sulla collina Settefinestre, mentre sono riferibili al Neolitico alcune selci reperite presso il lago di Burano e un’accetta di serpentino rinvenuta nei dintorni dello Spacco della Regina. L’età del bronzo è ben rappresentata da numerose asce e alla seconda fase iniziale dell’età del Ferro risale una tomba con materiale di corredo. […]