Archeologia Viva n. 26 – gennaio/febbraio 1992
pp. 36-51
di Maurizio Damiano-Appia
Inizia da questo numero lo straordinario resoconto di uno studioso che ha ricercato fra Wadi Halfa e Khartoum nel territorio dell’odierno Sudan le vestigia dell’antica Nubia
Le solitarie emozionanti scoperte lungo piste desertiche sullo sfondo di aride montagne e del rassicurante corso del Nilo tra Egizi Bizantini e Arabi
Una lunga fila di asini si snoda fra le rocce di uno dei più strani e variati deserti del globo. La marcia di uomini e bestie è lenta, paziente; si sopportano temperature superiori ai 55°C all’ombra. Un esercito segue da terra il proprio sovrano, che naviga sul Nilo in queste terre sconosciute.
Egli ha sconfitto tutti i popoli che ha incontrato: il faraone Jer della I dinastia (3000-2800 a.C.) ha catturato il nemico del sud, che ora è legato alla prua della sua nave, mentre i corpi dei suoi guerrieri giacciono nelle acque del Nilo.
Il re ha voluto che la scena fosse immortalata sulla pietra: si tratta del primo documento di uno scontro fra i faraoni e i popoli del sud.
Cinquemila anni dopo, la roccia viene rinvenuta dai moderni archeologi a Jebel Sheikh Suleiman, presso l’odierno confine tra Egitto e Sudan, e trasferita nel Museo di Khartoum.
La scena si svolge in una terra confinante con l’Egitto, eppure lontana con un altro pianeta. Una terra a cui i faraoni hanno sempre guardato con interesse e cupidigia; una terra misteriosa, a cui furono dati nomi esotici: Wawa, Irtet, Zatu, Kush, Yam, ed altri ancora, per luoghi sempre più lontani, sempre più a monte lungo il corso del Sacro Nilo.
Questa terra è oggi nota con il nome di Nubia, ed è sempre difesa dalle antiche barriere naturali: cateratte, deserti sabbiosi, labirinti di montagne rocciose. […]