Costruire per i faraoni Architettura e progettazione nell'antico Egitto

Archeologia Viva n. 42 – novembre/dicembre 1993
pp. 60-67

di Pietro Testa

L’analisi architettonica dei maggiori monumenti egiziani rivela la straordinaria capacità dei costruttori di realizzare le proprie opere sulla base di modelli matematici in sintonia con le concezioni politico-filosofiche dell’epoca

La civiltà egiziana ha lasciato tracce imponenti della sua attività edilizia. Dalle testimonianze indigene (grafiche e archeologiche) sappiamo che l’architettura egiziana agli inizi fu realizzata in materiali leggeri (canne, papiro, legno e mattoni crudi) manifestandosi in forme molto semplici che rispondevano alle esigenze della committenza ed erano al tempo stesso l’espressione della tecnologia dell’epoca. Come si può ben intuire, tali manufatti non avevano lunga durata, anche se essi erano usati in costruzioni religiose o cultuali.

Per la concezione che gli Egiziani avevano riguardo al culto degli dèi e dei defunti, si avvertì ben presto l’esigenza di esprimere il concetto della durata – e dell’eternità – in un materiale più resistente: la pietra. Pur se difficile da modellare e da manovrare, la pietra non impedì la corsa verso il premio della perpetuità, fine richiesto o promesso, appunto, dagli dèi o dai defunti. Alle miserie umane fu lasciato l’onere di costruire, generazione dopo generazione, le dimore terrene bastevoli per una sola esistenza sulla terra. […]