Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 37 – aprile 1993

di Piero Pruneti

Siamo al secondo numero di “Archeologia Viva” interamente dedicato all’archeologia delle acque. Il precedente, del maggio 1992, ugualmente realizzato in collaborazione con lo Stas, ha infatti segnato l’avvio di un nuovo strumento di comunicazione in un settore di indagine che sta vivendo la sua primavera organizzativa, almeno rispetto al caos e alla dispersione di forze di un troppo lungo periodo garibaldino.

Non è certo possibile in un fascicolo dare spazio a tutte le ricerche effettuate, ma scopo di una rivista non è il compendio. Il nostro appuntamento annuale mira piuttosto a dare una voce a quanti all’archeologia subacquea stanno dando il meglio della propria cultura, delle capacità tecniche e, perché no, il meglio della propria esistenza. Una voce che, se da un lato risponde a precise esigenze di trasmissione scientifica, dall’altro si pone come strumento formativo del modo di pensare e agire di migliaia di appassionati che vedono nell’indagine subacquea una piccante, avventurosa dimensione delle loro immersioni.

Dagli articoli che pubblichiamo, al di là dell’informazione sul singolo scavo, arriva invece l’evidente dimostrazione che l’archeologia delle acque non è sport, passatempo, trasposizione di esigenze psichiche di ricerca nel profondo… Può anche essere un po’ di tutto questo. A volte è tutto questo, come succede per gli interessi e le attività che coinvolgono totalmente la vita di una persona. Ma prima di ogni cosa è metodo e scienza, non del singolo che opera per suo conto, ma di équipes scientificamente e istituzionalmente responsabili di fronte alla comunità di cittadini.

Rimane il problema  – che non mi stancherò mai di richiamare – dell’utilizzazione del volontariato da parte degli organismi responsabili della ricerca. È vero, come attestano le stesse indagini subacquee documentate in questo numero, che nelle prospezioni e nei recuperi è ormai normale e insostituibile la presenza operativa dei volontari, ma la collaborazione sta facendo ancora troppo piccoli passi rispetto alle potenzialità che soprattutto si offrono sotto il profilo della tutela dei nostri sterminati chilometri di coste. Non è forse anche questa una frontiera dell’archeologia italiana?

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”