Archeologia Viva n. 175 – gennaio/febbraio 2016
pp. 66-70
di Paolo Brusasco
Se nel Vicino Oriente la lunga guerra in Siria e Iraq è oggetto di attenzione dei media per la sua prossimità con l’Occidente
quello che sta avvenendo nell’antico Paese sudarabico – oggi uno dei più poveri del mondo – viene praticamente ignorato sia per quanto riguarda le popolazioni che per i beni culturali spesso inutilmente inseriti nella lista del patrimonio Unesco
«Ci rivolgiamo all’Unesco perché aiuti lo Yemen a salvarsi dalla sua distruzione, cominciata con la distruzione delle mura di San’a. Ci rivolgiamo all’Unesco perché trovi la possibilità di dare a questa nuova nazione la coscienza di essere un bene comune dell’umanità e di dover proteggersi per restarlo…».
Così nel lontano 1970, durante le riprese di un cortometraggio girato a San’a, Pier Paolo Pasolini si appellava per «fermare una miseranda speculazione edilizia», un’urbanizzazione selvaggia che minacciava le bellezze della capitale yemenita, in particolare le splendide mura in mattoni crudi che ne caratterizzano l’architettura millenaria.
Dopo quasi cinquant’anni (il 21 settembre 2015) la direttrice dell’Unesco Irina Bokova chiede «alle parti in conflitto di cessare immediatamente la distruzione del patrimonio culturale dello Yemen».
Esso rappresenta «una risorsa significativa per la futura riconciliazione delle parti belligeranti, di popoli e minoranze».
L’occasione è l’ennesimo, nuovo attacco avvenuto tra il 18 e 19 settembre 2015 che, oltre a lasciare numerose vittime civili, ha colpito la casa di Al Ayni, uno degli esempi più caratteristici delle architetture a torre tipiche del Paese.
La stessa straordinaria sensibilità di Pasolini non lasciava presagire il disastro di oggi. L’Arabia Felix dei classici sta subendo una devastazione senza precedenti, una guerra settaria tra sciiti e sunniti che evoca il conflitto siriano e iracheno, ma che non ha catturato l’attenzione dei media. […]