Antra Cyclopis Natura arte e mito

Archeologia Viva n. 36 – marzo 1993
pp. 38-51

di Antonietta Viacava

Grotte naturali o artificiali popolate di statue con personaggi dionisiaci e omerici comparvero in Egitto durante l’epoca ellenistica
Ma fu a Rodi che esse divennero sontuose scenografie intrise di connotati filosofici e da qui il giovane Tiberio le importò a Roma

Antrum Cyclopis. Queste due parole latine dalla risonanza misteriosa, tradotte in italiano assumono un carattere meno sinistro: “grotta del Ciclope”. E dalla fantasia appare l’immagine di Polifemo, il più famoso dei Ciclopi, mostruosi esseri di gigantesca corporatura dotati di un solo occhio. Polifemo fu immortalato da Omero nel libro IX dell’Odissea, quale selvaggio e crudele antagonista di Ulisse. L’avventura dell’eroe con il mostro ha colpito dai tempi più antichi la fantasia degli artisti. L’episodio dell’accecamento si trova riprodotto, in forme che ricalcano la versione omerica, su vasi greci già dal VII sec. a.C. I filosofi storici hanno poi interpretato i mito, individuando nella vittoria di Ulisse sul Ciclope il trionfo della ragione sulle forze oscure dell’inconscio e dell’irrazionale.

La definizione di antrum Cyclopis si ritrova in opere latine del IV sec. d.C., sorta di elenchi stradali delle regioni in cui era divisa Roma. L’espressione indica sia una costruzione collocata nei pressi di Porta Capena sul Celio, sia il vicolo che da essa prendeva nome. Doveva trattarsi di una delle tante grotte naturali situate un tempo nel salto esistente tra la Villa Celimontana e l’attuale vivaio comunale: ora sono tutte murate. Dalla definizione si può dedurre che un anfratto doveva essere stato monumentalizzato e adornato con uno o più episodi riguardanti Polifemo. […]