Ori del Friuli Venezia Giulia Medioevo italiano

Archeologia Viva n. 36 – marzo 1993
pp. 26-37

di Giuseppe Bergamini, Giuseppe Cuscito, Luisa Crusvar e Sergio Tavano

Duemila anni nel cuore dell’Europa hanno reso questa regione aperta ai più svariati influssi culturali e artistici visibili in ogni manifestazione ma soprattutto nell’oreficeria, la più splendida e al tempo stesso la più fragile delle arti

Ammirata più per la preziosità dei materiali e i virtuosismi della tecnica che per veri raggiungimenti artistici, l’oreficeria nei secoli è stata relegata fra le cosiddette “arti minori” e quindi poco considerata. La sua stesa destinazione ad ambienti “esclusivi” – come nel caso della grande gioielleria e degli oggetti di arredo nobiliare – e a luoghi di culto, in funzione di riti religiosi e cerimonie liturgiche – come nel caso della suppellettile sacra – le piccole dimensioni dei manufatti e, non ultimo, il disinteresse della letteratura specializzata hanno così finito per condizionarne pesantemente il giudizio.

Duemila anni si storia nel cuore dell’Europa hanno fatto del Friuli Venezia Giulia un singolare quanto unico punto d’incontro di popolazioni latine, germaniche, slave: un minuscolo territorio in cui si parlano abitualmente tre lingue nazionali e si professano religioni diverse. Così le argenterie, le oreficerie, i “tesori” che vi si conservano – come specchio della particolare realtà di questo crogiolo di genti e culture – sono memoria sia della grandezza politica ed ecclesiastica del Patriarcato di Aquileia (che governò la regione anche dal punto di vista temporale, grazie all’investitura del 1077 da parte dell’imperatore Enrico IV) sia del ruolo svolto dalla Serenissima Repubblica di Venezia (che annetté la regione nel 1420) che si quello ricoperto dalla casa d’Austria a Gorizia e a Trieste. Ma si tratta anche dei segni di una profonda e sentita professione di fede espressa dalle varie comunità religiose: cattolica, ebraica, serba, greca. […]