Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 36 – marzo 1993

di Piero Pruneti

La scoperta di una mappa celata nella roccia di un antro è di quelle che fanno sognare. Da qui la fortuna di un abbondante filone della narrativa e, ultimamente, di certi film incentrati appunto sul Segreto nascosto, protetto da un insuperabile tabù con la funzione di esaltare la forza del carattere, non solo il valore intellettuale, del protagonista.
Tutti o quasi gli elementi ideali della grande avventura scientifica presenta dunque il ritrovamento della pietra topografica di Jebel Amud, in pieno deserto giordano, nota solo ai beduini che ne proteggevano il recesso, pur avendone perso il significato nella corsa dei secoli. Dico questo con tanta invidia, immaginando la giusta soddisfazione dello scopritore. Pensate: in quel silenzio, nella grande solitudine, imbattersi in una superficie lapidea piena di segni misteriosi e alla fine capire che a quelle incisioni corrispondono degli wadi e alle coppelle tanti villaggi preistorici e poi, “carta alla mano”, ritrovare tutti quegli abitati…

Giusta soddisfazione, dicevo, perché la scoperta della mappa più antica del mondo non è piovuta dal cielo. Sono diciotto anni che il professor Borzatti, a capo di un gruppo di ricerca dell’Università di Firenze, con finanziamenti ridicoli e nella discreta disattenzione dei più, sta battendo palmo a palmo il deserto meridionale della Giordania per ricomporre il quadro della civiltà beduina attraverso la classificazione di migliaia di testimonianze incise sulla roccia. Non solo. Al rilievo tecnico dei dati si è sempre accompagnata una disinteressata volontà di rapporto verso i nomadi della tenda nera, che alla lunga hanno saputo ricompensare il rispetto e il calore umano dell’amico scienziato.

Mi si consenta di ricordare che, ormai molto tempo fa, è stata invece la casualità dell’esistenza a farmi incontrare Borzatti, che subito divenne uno dei più convinti sostenitori dell’idea di “Archeologia Viva”, quando alla fine del 1981 stavamo ancora preparando il primo numero. La presentazione in esclusiva di questo emozionante risultato delle ricerche etnoarcheologiche nel Vicino Oriente è anche frutto di un consolidato apprezzamento verso la nostra rivista.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”