Archeologia Viva n. 35 – gennaio/febbraio 1993
pp. 68-70
di Marco D’Agostino
Mancano gli insegnamenti, i centri specializzati e le pubblicazioni
Intanto i pochi esperti italiani si sono fatti da soli…
Mentre l’archeologia subacquea può essere considerata, a torto o a ragione, una estrema specializzazione o addirittura una tecnica investigativa nell’ambito dell’archeologia tout-court, l’archeologia navale è, a tutti gli effetti, una disciplina autonoma che fa uso di un vasto apparato critico. La documentazione in nostro possesso sulle navi del passato si può dividere, infatti, in tre categorie: la prima è costituita dalle fonti archeologiche, rappresentate dai relitti; la seconda dai manoscritti antichi, quali trattati, documenti assicurativi, autori letterari; la terza è di tipo prettamente storico-artistico ed include le opere pittoriche, scultoree e le arti cosiddette minori.
La prima categoria è, ovviamente, la più importante. Essa ha consentito di acquisire, in questi ultimi anni, informazioni di prima mano altrimenti irrecuperabili. Per determinati periodi storici questo tipo di documentazione materiale si presenta tuttavia lacunoso, tanto che un rischio concreto è rappresentato dal fatto di azzardare alcune ricostruzioni tipologiche e generali sulla base di indicazioni fornite da un singolo relitto. […]