Archeologia Viva n. 35 – gennaio/febbraio 1993
pp. 10-23
di Fulvia Lo Schiavo
Così è chiamato il nuraghe Arrubiu di Orroli, una delle testimonianze più importanti lasciateci dalla Sardegna preistorica
Frequentato in età romana paleocristiana e medievale è oggetto di sorprendenti scavi archeologici e ora è anche aperto al pubblico
La straordinaria scoperta di un vasetto miceneo nel cortile centrale…
Contro ogni corretto richiamo alla metodologia e al rigore scientifico più stretti, l’archeologia conserva innegabilmente il fascino della scoperta, della novità, quasi una sorta di “scoop” (mi passino, per una volta, i colleghi studiosi questo termine orrorifico per le orecchie di qualunque archeologo professionista).
Che l’inebriante sapore del ritrovamento sia frutto di anni e anni di faticose, costose, difficili e spesso assai ingrate ricerche è un particolare che il pubblico ignora (o preferisce ignorare), alterando così gravemente la reale prospettiva dei fatti, ma per l’autore del ritrovamento, al quale è familiare l’aspetto grigio della routine, l’ebbrezza non è alterata, più di quanto non lo sia l’apprezzamento di un vino d’annata da parte del suo produttore.
Questa premessa serve a introdurre le novità degli scavi che hanno avuto luogo negli anni 1990 e 1991 in un gigante fra i monumenti preistorici, che inizia a essere conosciuto anche dal vasto pubblico: il nuraghe Arrubiu di Orroli, in provincia di Nuoro. […]