Thomas Mann e l’Egitto Archeologia e letteratura

Archeologia Viva n. 47 – settembre/ottobre 1994
pp. 58-64

a cura di Piero Pruneti

Il celebre scrittore tedesco seguì con profondo interesse 
le grandi scoperte egittologiche del suo tempo 
per creare il fondale di uno dei suoi capolavori 

Dal dialogo fra il poeta e la civiltà del Nilo 
trae spunto un’originale mostra nel Canton Ticino

Tête-a-tête con una principessa di Amarna: così è rappresentato Thomas Mann in una fotografia scattata intorno al 1922, che lo mostra seduto alla scrivania della sua casa di Monaco.

L’attrazione di Thomas Mann per le “cose d’Egitto”, e in particolare per l’arte di Amarna (il periodo di Amarna corrisponde al regno del faraone Amenofi IV-Akhenaten alla fine della XVIII dinastia), risale alla “profondità” dell’infanzia dello scrittore, come è dimostrato dalle sue dichiarazioni autobiografiche in proposito: «L’alta cultura del regno del Nilo» gli è stata familiare «sin dalla fanciullezza per lettura e simpatia».

Ecco cosa dice nelle Pariser Rechenschaft (Resoconto parigino) del 1926: «C’è qualcosa nella mia giovinezza che non mi perdonerò mai. Dev’essere stato nella sesta o settima classe durante l’ora di religione, che il seminarista, certamente in occasione del Vitello d’oro, sollevò la domanda di come fosse il nome del sacro toro degli Egizi. Io, che avevo letto Das alte Wunderland der Pyramiden (Il vecchio, meraviglioso mondo delle piramidi, di Karl Oppel), alzai la mano insistentemente e fui chiamato. “Hapi”, dissi, inebriato di scienza. – “Errore, siediti, meglio non sapere niente, anziché cose sbagliate. Si chiamava Apis”. – E io mi feci sconfiggere! Non trovai il coraggio di difendere il mio sapere migliore e di spiegare che “Apis” non suonava affatto egiziano, che era una stilizzazione greco-romana del nome e che l’animale, con molta probabilità, visto che le vocali non sono mai del tutto sicure, portava il nome di Hapi». […]