Un dono per Domiziano Un monumento fra Roma e gli States

Archeologia Viva n. 46 – luglio/agosto 1994
pp. 28-33

di Judith Lange

Si sono visti riuniti in una mostra i frammenti scultorei attribuiti al Tempio della Gente Flavia
Dopo il ritrovamento avvenuto a inizio secolo i molti pezzi di questo celebre monumento della Roma antica subirono la dura legge del mercato antiquario rimanendo divisi fra il cosiddetto Dono Hartwig e la Collezione Kelsey

Al primo impatto il titolo di una recente mostra “Il Dono Hartwig”, può avere suscitato qualche perplessità e anche il sottotitolo, “Originali ricongiunti e copie tra Roma e Ann Arbor”, serve poco a svelare il mistero. Soltanto dopo un’accurata visita nelle due sale allestite per l’esposizione con poche ma preziose sculture nell’immenso Palazzo Massimo di Roma, prossimo grande museo archeologico a quattro piani, ci si è resi conto che la piccola ma complessa esposizione affrontava ben tre temi fondamentali nella ricerca archeologica: la ricomposizione di un tempio antico attraverso dei frammenti dispersi in due luoghi distinti; la proposta ricostruttiva del tempio, mediante dei calchi perfetti e la simulazione architettonica; la lettura iconografica di un tempio di cui non esiste più traccia se non nelle fonti letterarie. Così, scaglia su scaglia, riappare qui un monumento, parte del templum Gentis Flaviae edificato dall’imperatore Domiziano alla fine del I sec. d.C. come mausoleo di famiglia, ubicato sul colle Quirinale a Roma e creduto ormai sepolto e dimenticato. 
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