Sott’acqua con il geologo Scienze per l'archeologia

Archeologia Viva n. 45 – maggio/giugno 1994
pp. 76-77

di Antonio Rosso

Ormai considerata indispensabile nelle ricerche archeologiche di superficie la geologia viene sempre più applicata anche nelle indagini subacquee

Da sempre presente negli scavi preistorici e protostorici il geologo compare sempre più di frequente nei cantieri terrestri di età classica e medievale. La stessa cosa succede nella ricerca subacquea. le osservazioni geologiche, lo studio stratigrafico e sedimentologico forniscono infatti un contributo essenziale alla conoscenza della formazione ed evoluzione di un sito archeologico. Ma a cosa serve uno studio geologico?

Attraverso le prospezioni geografiche il geologo consente di individuare nuovi siti o giacimenti archeologici sepolti sotto i sedimenti, riconosce successioni stratigrafiche, elementi morfologici, eseguire il rilevamento delle unità litologiche presenti ed effettuare campionamenti per le analisi di laboratorio. Con uno studio sedimentologico infine, si vengono a conoscere l’area di provenienza dei sedimenti, l’evoluzione del giacimento nel tempo e le condizioni climatiche in cui si è sviluppato, l’energia ambientale di deposizione.

Nello studio geo-archeologico di un giacimento subacqueo si possono distinguere cinque fasi successive:
1. Prospezioni visive e strumentali sull’area dell’insediamento e dell’ambiente circostante;
2. Osservazione sullo scavo;
3. Analisi di laboratorio dei campioni prelevati;
4. Elaborazione e confronto dei dati stratigrafici e sedimentologici ottenuti in laboratori con quelli raccolti durante lo scavo;
5. Interpretazione dei dati per la ricostruzione crono-stratigrafica e climatica del deposito; correlazioni e confronti con altri depositi presenti nella stessa ara geografica ad inserimento del giacimento nel contesto geografico e geologico regionale.

Le strumentazioni più usate sono il magnetometro a protoni e l’ecografo, apparecchiature nate per altri scopi, ma utilizzate con vantaggio in archeologia. In ogni caso una volta verificata una anomalia questa va controllata in immersione, di persona o con telecamera.
Il magnetometro a protoni di tipo differenziale permette di rivelare la presenza di anomalie magnetiche (un relitto con il suo carico, per esempio, provoca una di queste anomalie).

L’ecografo, invece, permette di ottenere il profilo batimetrico del fondale e quindi individuare i resti di quanto emerge dal fondo. Attraverso un trasduttore (l’unità che invia e riceve segnali nell’acqua) viene inviato verso il fondo un fascio di onde ad ultrasuoni. Ogni impulso riflesso dal fondo viene captato dal sensore e, poiché il tempo intercorso tra l’emissione e la ricezione, è direttamente proporzionale alla profondità, elaborando i dati ricevuti e traducendoli in forma grafica con un apparato scrivente si ha il profilo del fondo in tempo reale. […]